
PROVINI PER UN HORROR.
“Volevo che il video sembrasse una bobina di film acquistata accidentalmente in un mercatino dell’usato o trovata sepolta sotto il portico di qualcuno. Vuole essere un’immagine incompleta, come i provini di un film perduto”. Sam Wootton.
Immagini quasi statiche, figure femminili in pose plastiche senza tempo, colte in contesti a tratti inquietanti, un’estetica dark di difficile connotazione ma forse riconducibile ad una autoriale cinematografia nord-europea che cercava di coniugare indagine psicoanalitica e astrattismo.
Donne/manichini roteanti dal volto spesso nascosto da protesi retrofuturistiche forse prese in prestito dalla pittura di Michaël Borremans, fugaci scene di pulsioni sessuali, sogni e frustrazioni costantemente tenuti a freno, in un gioco di rimandi dal sapore nostalgico, come fossero per l’appunto idee sparse, utili per un plot estemporaneo, un personale omaggio al mondo del found footage che prende vita grazie ad un editing di vecchie immagini forse ritrovate in qualche cantina ammuffita.
Questo video di Sam Wootton, generalmente direttore della fotografia per cinema e spot pubblicitari, è il risultato di un approccio quantitativamente limitato dietro la mdp; volendosi misurare col sound stratificato di “Continental Shelf” utilizza un campionario formalmente enigmatico fatto di atmosfere oniriche e gesti minimali, elegante nell’esposizione tra split screen, visioni a ralenti, talvolta ritratte in negativo tra oggetti di scena e riferimenti alla simbologia dell’occulto.
Strutture sonore oscure, riff di chitarre “caustiche” e percussioni vagamente “velvettiane”, sostengono una vocalità alla Echo & The Bunnymen che si insinua come un piacevole tormento di cui è facile cadere preda. Da Calgary, Canada, una meteora post punk che si stenta a credere che non sia inglese, difatti ad ogni ascolto lascia un po’ destabilizzati per le affinità con i Fall, i Wire, i Gang of Four, i Sound, Psychedelic Furs, ecc.
All’inizio la band si chiamava Viet Cong – ma visto come la guerra finì per gli States dove quella parola è tuttora tabù – per continuare a esibirsi tranquillamente ha dovuto ripiegare con un nome più generico e innocuo: Preoccupations.
PREOCCUPATIONS. SAM WOOTTON. 2014.