
QUANDO IL 3D FA ORRORE.
Ah, l’animazione tridimensionale! Un’arte dai mille sviluppi che non smette mai di stupire. La Pixar, tanto per dirne una, ci ha dato una prova tangibile degli universi straordinari che con essa si possono materializzare: mondi fantastici e al contempo concreti, luoghi inesistenti che sembrano nondimeno usciti dalla vita vera, creature meravigliose portate alla vita come per magia.
Tuttavia, se fatta male, l’animazione 3D si è dimostrata più volte il mezzo ideale per plasmare la quintessenza dell’orrore e della bizzarria perturbante. Ne sa qualcosa, ad esempio, il Jimmy ScreamerClauz di opere quali Where the dead go to die o Kuso, veri capisaldi del cinema malsano.
Era inevitabile che anche alcuni video partoriti dalla famigerata “parte strana di YouTube” appartenessero a questa categoria.
Si tratta di brevi cartoni amatoriali, realizzati appositamente male e spesso mediante software economici, tra storie assurde, audio distorto, sfondi approssimativi e personaggi dall’aspetto deforme che si muovono in maniera innaturale.
L’effetto che si ottiene è simile alla demo buggosa di un brutto gioco abortito ancor prima di essere testato, piena di glitch e di elementi modellati alla bell’e meglio, contesa tra l’esilarante e l’angosciante.
Qualcuno ricorderà la terrificante parodia di Jimmy Neutron vomitata da seinfeldspitstain nel 2013, o la mitica Potato knishes di ratboygenius, o ancora la trasposizione di un tremendo racconto di 4chan intitolato Shrek is love, Shrek is life.
Erano altri tempi, ma il potenziale disturbante del lo-fi non passa mai di moda.
Deve pensarla così anche l’artista norvegese Andreas Emil Lund, autore del qui presente videoclip per conto dei connazionali Slomosa.
L’animatore trasporta la tradizione grossolana e raccapricciante di quei vecchi video in un contesto stilistico professionale, mantenendo protagonisti dalla fisionomia aliena che, con le loro movenze, sfidano le leggi della fisica e dell’anatomia umanamente note, ma curando assai maggiormente i fondali, le texture e il rendering complessivo.
Attraverso l’acutizzazione del fotorealismo dei soggetti, l’animatore fa un passo oltre nella valle dell’uncanny, tanto da confondere lo spettatore sulla natura stessa dell’opera: creazione del tutto digitale, composizione che unisce grafica 3D a riprese live action, o magari un elaboratissimo esempio di stop motion? Per un attimo il dubbio è lecito, e tanto basta per applaudire il regista.
Ma le ovazioni non sono finite, visto che anche la vicenda lascia esilarati e ammirati nella sua orrorosa eccentricità, mentre il sound carico e incalzante della stoner rock band ci accompagna con la dovuta sontuosità mefistofelica.
Protagonisti del clip sono due strani (ça va sans dire) tipi in viaggio in macchina: uno è un vecchietto buffo e fisicamente scomposto che pare il cuginastro del Geri di Toy Story 2 o del Giustino di Leone il cane fifone, l’altro è un indefinibile essere calvo dalla pelle gialla e grinzosa, con il naso a pera e con indosso solo dei pantaloncini.
Questa insana variante di Gianni e Pinotto si ritrova a percorrere una zona inequivocabilmente disseminata di cliché da film horror: tempeste e fulmini, gufi e alberi spettrali, oscurità a perdita d’occhio. I due non trovano nulla di meglio che fermarsi nel peggiore posto immaginabile in simili circostanze: un albergo che pare uscito dritto dritto dal poster di Psyco!
Ovviamente le cose andranno di male in peggio, giacché quel luogo è popolato da individui sinistri e dalle intenzioni malevole: nonostante l’amico anziano sembri ben consapevole del pericolo imminente, il suo partner sminuisce le sue preoccupazioni e lo convince a prendere una camera.
Il receptionist (un ometto con la testa a pallone innamorato del suo orologio a pendolo, degno di un episodio speciale di Regular show) si premura di dar loro una chiave molto speciale, il cui pendaglio ipnotizza all’istante lo sgorbio giallo, possedendolo malignamente.
Passando attraverso le varie stanze dell’hotel, si palesa un set reminiscente del mai abbastanza compianto David Lynch, tra tappezzerie rosse, finestre sagomate su modello Amityville, nanetti con la faccia da bambolotto che danzano attorno a vestiti semoventi, ominidi sovrappeso con un cappello da cowboy sulla testa, tizi a letto nutriti attraverso tubi che sparano cibo liquido in gola (chi conosce il gioco Monkey Island 2 apprezzerà la citazione)…
Il vecchietto, seppur titubante, viene convinto a bere da un misterioso calice, e si ritrova non inaspettatamente knockout dopo il primo sorso.
Si tratta di una congiura, di cui anche l’amico giallo, sempre sotto diabolica ipnosi, fa ormai parte. Il poveretto, privo di sensi, viene trascinato fino ai sotterranei dell’albergo dal suo partner, dal receptionist e dagli altri mostri che abitano quell’anticamera dell’Inferno. Qui, su una piattaforma circondata da un baratro di fuoco, lo attendono un’ara sacrificale e un pugnale pronto all’uso.
Attorno a loro applaudono all’unisono dei nani in abiti eleganti, mentre un sacerdote con tunica purpurea posiziona un uovo d’oro (probabilmente deposto da qualche Grande Antico di lovecraftiana memoria) ai piedi della vittima, affinché il sangue versato vada a imbevere il guscio.
Fortunatamente, proprio mentre lo sgorbio giallo sta per sferrare il colpo mortale, la chiave della stanza cade e il pendente ipnotico va in mille pezzi, risvegliando l’invasato dal sortilegio.
Presa coscienza dei fatti, il tipo grinzoso accoltella a morte il receptionist e libera in un baleno l’amico, trascinandolo via verso l’uscita. Il sangue impuro dell’ucciso fa adirare l’oscura divinità di turno, che risponde all’affronto con terremoti e crolli disastrosi.
Poco prima che l’albergo stesso esploda, i due amici si tuffano in auto e partono in quarta; ecco che dal terreno affiora l’apocalittica sagoma di un demone dalle dimensioni ciclopiche, a un passo dal finale di Quella casa nel bosco! I nostri terrorizzati eroi viaggiano a tavoletta, ma non riescono infine a evitare un baratro lavico che si apre davanti a loro…
Tutto perduto? Non proprio.
Cliché horror numero chissàquale: è stato solo un brutto sogno!
Già, il buffo vecchietto di sveglia di soprassalto, sempre seduto sul sedile del passeggero: il suo amico lo conforta, mentre fuori dai finestrini brilla la luce del giorno.
Insomma, tutto è bene quel che finisce bene!
Sempre che quell’ultima inquadratura dall’alto non profetizzi una sventurata sosta nell’hotel horror per eccellenza… Stanley Kubrick approverebbe.
SLOMOSA. ANDREAS EMIL LUND. 2024.