
DURO FUORI… MA DENTRO?
Anche i tipi più duri hanno le loro debolezze, e i lottatori di wrestling non fanno eccezione.
Potrebbe suonare come un’ovvietà, tuttavia centotrenta chili di muscoli e smorfie guerrigliere da far impallidire gli spartani di Leonida non richiamano subito alla mente il concetto di fragilità emotiva.
Insomma, chi ha mai assistito a un incontro di lotta libera, apoteosi della spettacolarizzazione della forza bruta, interrogandosi sulla sensibilità d’animo dei competitori sul ring?
Eppure è proprio su questo aspetto che verte il video diretto da David Terry Fine e Tyler McPherron, che, attraverso spassosi siparietti, danno forma agli sconforti quotidiani e alle profonde insicurezze di un wrestler.
Protagonista di questa sorta di vignetta psicanalitica è il lottatore professionista J. R. Kratos, un gigante gentile che starà bonariamente al gioco dei due autori dimostrando una forte propensione all’autoironia, almeno quanto i suoi cinque colleghi coinvolti nel progetto.
A fornire l’ossatura sonora al clip sono i STRFKR (alias Starfucker), con un brano che, a detta del frontman Joshua Hodges, sarebbe nato dopo un’esperienza personale all’interno di un club sadomaso. Il cantante rammenta un senso di liberazione e di appagamento, di rasserenante abbandono totale, persino di evasione psichica.
Curiosa, a tal proposito, l’interpretazione visiva data dai registi da un simile soggetto, così come è lodevole la versatilità espressiva del DOP Devin Whetstone. Immagini intrise di severa eleganza cromatica cedono il passo a incisi più vivaci e luminosi, rispecchiando – oltreché la dualistica ambivalenza di dolore e piacere confacente al tema – anche il sound della canzone stessa, tanto orecchiabile quanto ipnoticamente eterea.
Il clip si presenta frammentato in due o più dimensioni, scomposto in un collage con sempre definito di fantasia, realtà e presunte memorie.
Il buon Kratos medita al buio ai margini del ring, forse per prepararsi all’imminente battaglia, o magari semplicemente per fare i conti con un ricordo poco piacevole, magari una sconfitta clamorosa che ancora non riesce ad accettare.
Lo vediamo ora alle prese con un gruppo di sostegno, seduto in cerchio insieme a tipetti problematici che non riescono a trattenere le lacrime discorrendo delle proprie pene personali. A interpretare questi variopinti complessati sono i suoi compagni di lotta, simpaticamente truccati a dovere, tra parrucche e outfit macchiettistici.
Peccato che questo gruppo di sostegno… sostenga ben poco! Come in una riflessione delle sue angosce, del suo latente senso di inadeguatezza, il nostro viene deriso e sbeffeggiato proprio da coloro che in teoria dovrebbero incoraggiarlo.
C’è un solo modo per fronteggiare l’umiliazione: proiettare sul ring un’immagine di sé, caricarsi sulle spalle tutta la rabbia accumulatasi di giorno in giorno, e scontrarsi letteralmente con l’oggetto del proprio abbattimento – i suoi stessi denigratori. Kratos, in altre parole, affronta l’intimo sconforto nel modo che gli riesce più naturale: con un illusorio incontro di wrestling.
E pure con stile, a dirla tutta! Non è necessario essere fan di questo sport per lasciarsi avvincere dalla grinta delle riprese, acuita dall’effetto epicizzante della slow motion.
L’ambivalenza del video è tale che non è mai perfettamente chiaro dove finisca il concreto e cominci la fantasia: è autentica la lotta che si sta consumando davanti alla macchina da presa, o forse sono le riunioni di supporto la vera trasposizione onirica? O entrambe le cose?
Sul medesimo schema di dubbio si dipana anche il secondo troncone visionario, in cui Kratos si raffigura al centro di una detestabile cenetta familiare. Persino i suoi parenti più stretti, i suoi confidenti più cari (ancora una volta i colleghi wrestler, per l’occasione pure in versione drag!), sfoggiano cruda ostilità nei suoi riguardi.
Ancora una volta il lottatore cerca di superare la mortificazione “fuggendo” sul ring, nel tentativo di domare il proprio avvilimento con le armi a lui più confacenti. Purtroppo sembra che neanche nel reame della metafora il successo sia contemplabile: colpo dopo colpo, Kratos viene sopraffatto dai suoi avversari, finché una micidiale stretta al collo non mette fine alle sue pretese di rivalsa.
Eppure c’è sempre una luce in fondo al tunnel: al mastodontico eroe sfugge un sorriso, come a suggerire che non è la vittoria in sé, ma lo spirito agonistico a determinare il valore catartico delle sue scappatoie immaginifiche. In fondo, in un rapporto S&M, non è certo soltanto il partner dominante a godere…
In un’ultima e divertente fuga allucinatoria, il nostro amico si esibisce insieme ai colleghi in una piccola e allegra sfilata alla luce del giorno, la cui spensieratezza lambisce l’essenza dell’umorismo queer. Kratos in testa, finalmente orgoglioso e sicuro di sé, offre alla cinepresa il suo lato migliore, concludendo la parata con un ghigno da guerra che sfuma adorabilmente in un sorriso accomodante.
Eh, sì, sanno proprio essere dei teneroni questi wrestler!
STRFKR. DAVID TERRY FINE & TYLER MCFERRON. 2016.