
TI AMERÒ FINCHÉ NON SI AGGIORNA IL SISTEMA OPERATIVO.
L’essere umano è fatto così: fragile, sensibile, cattivo. L’essere umano è fatto così, poco più di un virus colonizzatore che cementifica, modifica e distrugge. Ma anche genera e palpita. È uno sterminatore di formiche e di galassie, fa guerre e figli come se morte e vita gli appartenessero.
Si emoziona per un nonnulla: la lacrimuccia per pubblicità piene di casa e di sentimento e rabbia contro poveracci che rischiano la morte in mare per scappare da fame o guerre che sembra non ci riguardino… l’essere umano è fatto così: sbagliato e molto tenero con se stesso e il suo branco. È così sensibile e buono che addirittura si emoziona per cose fredde e artefatte come le parole suadenti di un’intelligenza artificiale o l’efficace aiuto di un bot. Siamo sempre più abituati a considerare calda, viva, questa intelligenza sintetica che ci fornisce servizi e servigi. Scriviamo dandogli del tu, rivolgendoci a queste cose pensandole come una lei o un lui. Urliamo contro a quella cretina (o cretino) della nostra assistenza virtuale quando abbiamo detto Mario Rossi e invece fa partire la telefonata verso panetteria Rossignoli di Verona.
L’essere umano è così sensibile e accorato che con questa nuova intelligenza sintetica che ci circonda e la sempre maggior presenza robotica, sta sostituendo relazioni e in alcuni casi affetti. Difficile non ci sortisca una certa simpatia un “coso” che ci risponde con coerenza e precisione quotidianamente tramite una voce stridula e ripetitiva ma che ci asseconda e aiuta. Il nostro cervello non è così straordinariamente organizzato per distinguere nettamente relazioni vere, reali, da quelle sintetiche con assistenti vocali, dispositivi smart e algoritmi avanzati. Ci stiamo assuefacendo all’utile di questi strumenti con un pizzico di sentimento, che sia rabbia o affetto o altro.
Il videoclip di “All Is Full of Love” di Björk, pubblicato nel 1999, è oramai antico alle nostre esperienze moderne che ne hanno viste tante in fatto di tecnologia e di meccanicizzazione della realtà, ma invece, ancor oggi, riempie, anzi, attualizza ancor di più quel sentimento che all’epoca sembrava appartenere solo all’immaginazione di qualche film hollywoodiano visionario. Quel video, quelle immagini, forse all’epoca più simboliche che descrittive, oggi invece, rappresenta la semplice quotidianità.
Involontariamente, ma anche perché forse programmati fin da piccoli da maestre, nonne e mamme, attribuiamo a forme meccaniche e intelligenze virtuali sempre più antropomorfe e consolatorie, amicizia e emozioni. Ancora è facile spazzar via questi sentimentalismi, ma dobbiamo ammetterlo, siamo sempre più coinvolti.
Questa evoluzione sottolinea come la tecnologia abbia permeato le nostre vite, influenzando le nostre percezioni e interazioni emotive.
Nella routine odierna, siamo circondati da intelligenze digitali che simulano empatia e comprensione. Queste interazioni, sebbene artificiali, soddisfano bisogni emozionabili e pratici, rendendo sempre più sottile la linea tra reale e sintetico. La nostra predisposizione a provare affetto anche per entità non senzienti evidenzia la complessità della natura umana, capace di trovare conforto e connessione anche in ciò che è artificiale.
Che cosa può diventare la nostra vita se gran parte di questa la viviamo con l’ausilio di relazioni falsificate e sintetiche che ci danno ragione o ci tolgono le difficolta di fare scelte e applicare senso critico?
Comunque sia, l’essere umano, per quanto stupido e cattivo, tende a provare affetto e simpatia anche per oggetti che di empatia non ne provano. Si sdilinquisce più per qualcuno che lo consola e lo assiste financo se è una macchina e con le lucine che per un vicino amichevole o del passante in difficoltà.
Il videoclip, diretto da Chris Cunningham, è un’opera d’arte visiva che continua a lasciare un’impronta indelebile nella cultura musicale e artistica. In sintesi mostra due robot con le sembianze di Björk che, dopo essere stati assemblati in un ambiente asettico e futuristico (per l’epoca), interagiscono affettuosamente fino a baciarsi appassionatamente.
Pare che quando Björk e Cunningham si incontrarono, lei abbia portato un’edizione del Kama Sutra cinese come guida per il video, volendo creare un’atmosfera “bianca” e “glaciale” che si scioglieva attraverso l’amore e il fare l’amore.
Cunningham, ascoltando la canzone, associò immediatamente il tema a parole come “latte”, “sessuale”, “chirurgia” e “porcellana bianca”, che sarebbero diventate le basi del video. L’idea iniziale prevedeva che i due robot si aprissero come un fiore mentre si accoppiavano, ma questo concetto non fu realizzato a causa delle limitazioni tecniche.
Questa rappresentazione visiva dell’amore tra macchine ha ricevuto ampi consensi dalla critica, vincendo numerosi premi e venendo esposta in prestigiosi musei come il MoMA di New York. La sua influenza è evidente in opere successive, tra cui film come “I, Robot” e serie TV come “Westworld”.
L’essere umano è fatto così: fragile, sensibile e anche cattivo. Intelligentissimo e stupido al contempo. Amorevole e sociale, ma sempre più spesso incapace si sopportare i propri simili fino ad inventare qualcuno, meglio, qualcosa che li sostituisca e che forse, come nel video di Björk, ci assomigli e ci corrisponda in tutto, per creare, in questo affetto sintetico e riflesso, un nuovo mito di Narciso.
Una volta potevamo solo immaginare quel che ora abbiamo quotidianamente e in tutte le nostre case, e siamo solo all’inizio. Potevamo solo immaginare scambi affettivi, attrazioni sessuali, appagamenti e consolazioni date da una fredda macchina o da qualcosa di virtuale e infatti, all’epoca (e non si parla di secoli), la chiamavamo ancora fantascienza.
BJÖRK. CHRIS CUNNINGHAM. 1999.
Non troppo utopistico, visti i tempi😂