WAR DEGLI IDLES.

Dove un’idea anti diventa un sentimento di ribellione con il video di Will Dohrn

Violento. Disarmante e intenso. Destabilizzante e aggressivo. Frenetico fino alla vertigine che ti ficca in un fastidioso ruminare di immagini difficili da percepire e al contempo per le quali è impossibile distogliere lo sguarda. Nel perderti ti incastra e ti schiaccia convulsamente senza darti una spiegazione, senza accompagnamento, in storie umane, vite, attimi, pelle e dolore: esistenze che stanno scorrendo coi loro guai, con la loro stanchezza, con la loro ineluttabile fine.

Guardi War e ti scorre davanti agli occhi un fiume di carne. Un patchwork di vite incollate come si attaccano su un foglio con lo scotch ritagli di giornale a costruire una figura umana di testa, braccia, corpo e gambe di figure differenti.

Il punto di vista iniziale è ristretto e destrutturante. Una mano vista da vicino che appare per un flash istantaneo, sostituita con un’altra mano vista da vicino che appare per un flash istantaneo, sostituita con un’altra mano ancora vista da vicino che appare per un flash istantaneo e così via a costruire un movimento collage continuo e puntinista come quello di una persona sola ma fatto da cento personaggi diversi. Come se più vite componessero la stessa persona. Come se più vite fossero sovrapponibili.

Poi si passa a volti catturati da prospettive sghembe e incontrollabili sottoposte a uguale trattamento e visione. Poi piccole azioni, piccoli fatti. Fino ad arrivare a sera, alla fine della giornata come segreta fine di una vita, alla incomprensibile fine della storia, dove solo lì le identità sono diverse e distinguibili, solo come figura, non come destino.

Capolavoro delirante e geniale o pot-pourri informe di muscoli e sangue, fate voi. Il video war si imprime su un testo e una musica ingombrante, che spezza le ossa, dai tratti ridicolmente dadaisti e instabili ma che, con la sgradevolezza dell’insulto ci smuove l’indignazione, la rabbia contro chi ci vuole al massimo carne da cannone.

Idles. Will Dohrn. 2020.