DO YOU KNOW PHOTOSHOP?
Me lo sono chiesto e richiesto molte volte prima di scrivere quest’articolo. L’ho chiesto anche a chi mi sta vicino e nonostante le riposte positive, non ne sono ancora del tutto convinto: questo video interessa me e gente come me solo perché dentro c’è l’esercizio smodato e sfacciato di Photoshop?
Photoshop lo conoscono tutti (o almeno in tantissimi). Incredibile a dirsi ma anche chi non è un addetto ai lavori, anche chi sta davanti ad un display solo per il disimpegno dei social o giochini web, per i video dei gattini o per le videochiamate, conosce il più grande software di foto ritocco, editing e disegno digitale del mondo.
La cosa interessante non è che un prodotto per grafici o fotografi specializzati sia così famoso da essere conosciuto da tutti e in tutti i settori. La cosa di grande rilevanza è, secondo me, che il concetto di fotoritocco è proprietà di tutti. Il concetto di abbellimento della realtà o addirittura di coercizione della verità visiva è ideologia diffusa su tantissimi piani.
La battuta: “poi lo rifacciamo con Photoshop” l’ho sentita fare tantissime volte in contesti diversi. L’ha fatta una giovane mamma che tutta agitata non riusciva a mettere a posto i capelli della bimba nonostante carezze energiche di mani insalivate, dice: “va be, ci rinuncio, poi lo rifacciamo con Photoshop”. L’ho sentita fare ad uno che stava per uscire con una ragazza discreta ma con naso e denti particolarmente prominenti: “poi lo rifacciamo con Photoshop”. L’ho sentita fare per una giornata di vacanza passata ai bordi di un lago in macchina perché colti da una tempesta di pioggia: “poi lo rifacciamo con Photoshop” e questa battuta l’ho sentita fare piena di crudeltà il giorno del matrimonio di una, che appellando sua cugina in modo insidioso ha detto ad alta voce:” poi lo rifacciamo con Photoshop” e tutti hanno riso. Tutti, compreso quelli che non hanno la ben che minima idea di cosa possano significare le parole: “strumento clone”.
Ecco perché mi sono convinto che “Do I Have to Talk You Into It” degli “Spoon” possa essere un video di cui parlarne a tutti.
Il video è, come anticipato, la celebrazione del foto ritocco del frontman degli “Spoon” a mezzo di, manco a dirlo, Photoshop.
Solo questo. Non un’animazione o un gioco di editing per video ad effetti speciali. Non un morphing da un’immagine all’altra. Come per uno dei tanti tutorial sull’argomento, solo lo scorrere tecnico, montato a ritmo di musica, di una mano che giocando di selezione, taglio e ritocco, modifica come sul tavolo di una sala operatoria, il volto e il mezzo busto di Britt Daniel.
Trasformazioni crudeli. Ne toglie la pelle scoprendo i muscoli, che poi diventano scheletro. Fluidifica i perimetri rendendo il corpo liquido e rarefatto, arrivando a far sgocciolare sul colletto della camicia la sua faccia sciolta.
Un misto di drammaticità e ironia.
Poi la faccia sparisce e in un susseguirsi di lazo a mano libera, clone, copia, incolla e ridimensiona, il soggetto viene ripetuto all’infinito come in un quadro surrealista di René Magritte.
La mano che lavora è molto esperta. Come un mago, un prestidigitatore o meglio un illusionista che ha bisogno della realtà per trasformarla e tradirla. In una trentina di livelli e un susseguirsi di “seleziona e altera”, il cantante, da biondo figo acquista la forma di cane feroce (forse un coyote).
Un video molto gustoso e coraggioso. Per quanto adori e usi Photoshop non avrei mai pensato ad un uso così celebrativo di questo programma e ancora di più, non avrei mai pensato potesse essere il protagonista di un videoclip.
La domanda però persiste nella mia testa: questo video interessa me e gente come me solo perché dentro c’è l’esercizio smodato e sfacciato di Photoshop? Se la risposta fosse sì e arrivati fin qui siete scontenti del risultato di questo articolo, tranquilli: fate mela zeta (Ctrl z per chi ha windows).
SPOON. BROOK LINDER. 2017.
