MILLE MODI PER TUMULARE.
Strano connubio, quello dell’infanzia e la morte, eppure antinomicamente lirico. La giovanissima protagonista del video di Brin Chainey sta preparando un minuzioso “studio antropologico” sulla morte e sul rapporto che le diverse culture nel mondo hanno o hanno avuto con essa. Materia tosta, che tuttavia viene affrontata dalla bambina con la spensierata e ludica determinazione che è propria dei suoi anni, a partire dall’artigianale collage che andrà a costituire la copertina del libello. Ma a un tratto la piccola si accorge che il suo amichetto peloso, un topolino bianco che tiene in gabbia, è pacificamente spirato. La morte, da vago mistero e moderno tabù, è ora diventata tangibile e manipolabile, una sorta di diorama in carne e ossa che si può osservare ed esplorare, su cui è possibile studiare e meditare. Ottima premessa per imbastire una sequenza di scenette ispirate alle tecniche tradizionali di sepoltura e di culto dei morti presso le più disparate civiltà nella storia, tutto ovviamente ridotto a dimensioni topesche, mediato dall’ingenua ma precisa fantasia di uno sguardo fanciullesco. Ed è così che i cibi prelibati diventano caramelle gommose, un taglierino prende il posto di una katana, un’imbarcazione vichinga viene mutata in un veliero di carta lasciato alla deriva nella vasca da bagno, le bare si misurano solo in centimetri. L’ironia macabra che percorre l’intera durata del video mescola cattivo gusto (durante la rappresentazione del funerale di Calatia, il topolino morto viene servito su un piatto con carotine e piselli, strizzando l’occhio al John Waters di Nuovo punk story) e oscura delicatezza (il funerale neanderthaliano, col cadaverino dolcemente cosparso di pagliuzze smosse dal vento), sarcasmo graffiante (la sepoltura in mare parte dalla tazza del gabinetto, quella ecologica finisce nel cassonetto dei rifiuti organici) e buffo cartoonismo (si tira un sospiro di sollievo quando per la mummificazione egizia la ragazzina si limita ad avvolgere strisce di carta igienica attorno al morticino e a seppellirlo in una piramide di formaggio… Se avesse seguito il manuale alla lettera ci ritroveremmo in un corto splatter!). Le sonorità indie degli Alcoholic Faith Mission trascinano con ambigua soavità le immagini, di rito in rito, fino all’adeguata conclusione, tetra o adorabile a seconda di come si possa interpretare quel lieve sorriso che si stende sulle labbra della protagonista: l’accettazione della morte, questa temibile sconosciuta, come parte integrante dell’esistenza umana e del sentimento che ci lega ai nostri cari? Oppure la piccola avrà trovato un’inattesa e preoccupante ispirazione per i suoi dilettevoli passatempi futuri? Chissà…!
ALCOHOLIC FAITH MISSION. BRIN CHAINEY. 2011