A CHE GIOCO GIOCHIAMO?
In pieno giorno una vecchia mercedes si inoltra lentamente per le stradine ai bordi di un bosco; sul sedile posteriore una bambina silenziosa e visivamente preoccupata sembra chiedersi il perché di quella “gita”, alla guida scorgiamo un uomo a dir poco ambiguo, sguardo da satiro, pelle sudaticcia, che sembra solo intento a proseguire muto verso un luogo prestabilito, per portare a termine il suo disegno.
Il tappeto musicale di Lorn e il movimento quasi ipnotico delle immagini non lasciano presagire nulla di positivo, è sufficiente scorgere il rapido incrociarsi degli sguardi per innescare uno stato di angoscia, un coinvolgimento emotivo nei confronti della piccola e fragile replica di “cappuccetto rosso” capitata forse nella stessa trappola che non vorremmo neanche immaginare; la piccola, sarà costretta a scendere dall’auto e incamminarsi intimorita, seguita dal “lupo” elegantemente vestito, che, in un luogo appartato le porge un oggetto che stravolgerà la sequenza causa / effetto a cui le favole ci hanno abituato:
un congegno pericoloso, masochistico rivelerà l’avvio di un gioco deviato, attuando un’inversione del tutto inaspettata che, se da una parte ci rasserena per la piccola,
dall’altra ci inquieta per l’indifferenza, quasi freddezza, di questa “esecuzione” che assomiglia a una vendetta.
LORN. TIM BOLLINGER, DOP, DANIEL SEIDENEDER. 2015.
