FISICA ELEMENTARE IN BIANCO E NERO.
Un piccolo esperimento, a metà tra il surrealismo con una punta di ludica giocosità e una specie di compendio di esercizi di fisica o chimica applicati a diversi materiali di uso comune.
Il regista svizzero si diverte a sospendere a mezz’aria, su fondo nero, oggetti leggerissimi come sacchetti di plastica, guanti in lattice riempiti d’aria, granelli di zucchero e altri dal peso più consistente, mettendoli in relazione, in una dialettica che stuzzica i rudimenti del rapporto causa-effetto, per esplorare le possibilità e i limiti in fase di forzature e sollecitazioni dall’esterno, gravità, combustione, immersione nei fluidi, rifrazione, specularità, fino ad arrivare al punto metaforico in cui si sfiora il “peso del pensiero” e tutto ciò che ne consegue.
La ricostruzione di un mondo-laboratorio possibile, resa con precisione meticolosa, grazie ad una tecnica in stop motion che restituisce la realtà catturata e controllata in ogni microscopico dettaglio, in cui convergono vari elementi fascinosi, luci e ombre, simmetrie e scansioni al millesimo, senza che se ne percepisca la difficoltà tecnica fino al virtuosismo, celata dietro la fluidità e la leggerezza in cui sono avvolti gli oggetti (che forse alludono a significati più ampi) sottoposti a metamorfosi quasi impalpabili con un tocco di ironia che contrasta con la circolare monotonia del brano di Helene Barbier.
HELENE BARBIER. RAFAEL SOMMERHALDER. 2021.
