UNDER THE PINES / BODIES OF WATER (ANDY BRUNTEL)

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C’ERA UNA VOLTA UN CANE COL CAPPUCCIO.

Uno strano mondo quello che sin dalle prime scene si palesa al pubblico: sembra che un videoamatore degli anni ’60 si sia preso la briga di trasporre in Super-8 una fiaba dell’Ottocento spilluzzicando scenografie e oggetti di scena dal ventunesimo secolo.

Anzi: immaginiamoci un cantastorie di qualche secolo fa, errabondo e un po’ schizzato, che trova per caso una macchina del tempo e, saltellando da un’epoca all’altra, mette a frutto la propria arte divertendosi con cineprese e varie cianfrusaglie.

E la storia? Per quella basta guardarsi attorno e sprigionare l’immaginazione.

C’era una volta, in una terra lontana, un cacciatore che viveva nei pressi di una pineta con la moglie e la figlioletta.
Il bosco pullulava di… cani.
Be’, okay, forse i lupi funzionerebbero meglio, ma facciamoci bastare i cani.
A quanto pare, scavando nelle viscere di questi animali, si potevano trovare diamanti stupendi e già perfettamente tagliati.

A questo punto del racconto, qualche bambino con un innato spirito critico potrebbe muovere un paio di obiezioni logiche, ma… ascoltiamo il seguito.

Un giorno il cacciatore, dopo l’ennesimo successo venatorio, estrasse un diamante grosso come una palla da tennis e tornò felice alla sua casetta di legno.
Mai avrebbe pensato che lo Spirito della Foresta se ne stesse in silenzio a osservarlo.

E chi è lo Spirito della Foresta? Ma un terrificante lupo nero incappucciato, ovviamente! Ah, no, erano cani: un cane, un tenebroso cane nero. Incappucciato, s’intende.

Poco ne sapeva il cacciatore che quell’ennesimo affronto all’armonia del popolo silvestre avrebbe avuto conseguenze nefaste su di lui e sulla sua famiglia.

Incubi, tragici incidenti domestici, suicidi indotti dalla disperazione e un incombente senso di impotenza nei riguardi del fato si susseguiranno fino al drammatico epilogo.

Il cantastorie in questione si chiama Andy Bruntel, ed è un filmmaker americano.

Come si può intuire, per il video in questione adotta un assetto formale ricercatamente casereccio, poveristico quando non parodistico, dagli effetti speciali ai costumi, ma solo in funzione della fumosa atmosfera perturbante che trapela dai dettagli.
Insomma, il calcolo è lineare e il risultato lascia poco margine di errore: quando si sommano artigianalità, infanzia e vecchie pellicole si ottiene un teatrino di creepytudine. Se poi al tutto si aggiunge l’ombra della morte in odore di folk-horror, si fa jackpot.

Le eteree sonorità indie dei Bodies of Water, fra riff ossessivi e improvvise svettate di distorta durezza, fanno da base all’intrinseca alterità materica della composizione.

Ma non si tratta di un semplice esercizio di inquietudine: come ogni favola che si rispetti non manca la morale, e i simboli che la svelano non sono poi così nebulosi.

Da sempre il rapporto fra uomo e natura non è mai stato dei più rosei, e se agli albori dell’umanità la sfida poteva dirsi alla pari, col progresso tecnologico l’homo sapiens si è imposto come assoluto dominatore del mondo. Da degna avversaria qual era, temuta e rispettata, Madre Natura è divenuta una semplice risorsa da sfruttare per soddisfare la brama di potere e i vizi della società del benessere.

Come il cacciatore si arricchisce privando la pineta delle sue creature diamantate, così l’uomo distrugge foreste e inquina oceani, per ambizione e indifferenza, consapevolmente e colpevolmente ignorando le catastrofi che simili stravolgimenti ambientali provocheranno nel corso degli anni.

Ma se c’è una lezione che ogni eco-horror insegna è che la furia vendicativa della natura è sempre in agguato, e che sia un diluvio universale o un attacco simultaneo di uccelli impazziti, letteratura e cinema non fanno che rammentarcelo.

C’è sempre tuttavia la speranza che le nuove generazioni, per certi versi molto più sagge delle precedenti, si facciano avanti affinché le cose cambino. E, come il cagnetto incappucciato nel finale del video, Madre Natura, per quanto spietata possa apparire, sarà pronta a perdonare i suoi aguzzini su due zampe.

BODIES OF WATER. ANDY BRUNTEL. 2012.

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