LA PERCEZIONE DELL’ATTESA
1992, un ragazzino riceve una nota stropicciata da una misteriosa ragazza; le istruzioni sono semplici: Incontriamoci alle 15:00. Se sono in ritardo, aspettami. Questo è l’incipit, lo svolgimento ed il finale; e non serve altro.
La domanda che Henry Kaplan (regista e redattore) si fa è semplice tanto quanto la clip: Vale la pena attendere? Vale la pena aspettare oltre ogni possibile buon senso, una piccola speranza di felicità?
La risposta immediata è un “Sì” secco, ovviamente. Ma quanti avrebbero davvero la forza, o la pazienza di farlo? Il protagonista di questo video, sicuramente sì.
Il ragazzo (ed in realtà tutta la clip) ricorda molto i classici film di formazione anni 80-90, dove gli smartphone ancora non esistevano, e gli appuntamenti erano presi e fissati di persona, ed era difficile avvertire per un ritardo o per una disdetta; ed è per questo che lui aspetta, con il dubbio e con la speranza, che lei arrivi.
E così passano le ore, poi i giorni ed infine gli anni. In questo periodo il ragazzo fa amicizia con l’inserviente della scuola, che lo aiuta e lo supporta durante l’attesa. E dopo lunghissimi anni lei arriva… Ed è qui che entra in scena una delle soluzioni narrative più usate ed abusate di sempre: era tutto un sogno! In realtà sono passate solo poche ore!
In questo caso però, il colpo di scena è sensato e sperato da chi guarda il video, perché è molto difficile non empatizzare con il ragazzo (questo anche grazie ad un’ottima recitazione).
Il finale della storia non viene mostrato, il tutto si chiude con lo sguardo del ragazzo (comprensibilmente) ricolmo d’ansia.
Ma perché, in questo caso, la soluzione è ben riuscita? Beh, per una questione di percezione: nei momenti felici e spensierati il tempo passa ad una velocità incredibile, ma nelle situazioni opposte i minuti sembrano quasi non scorrere.
Ed adesso immaginate la possibilità di ricevere tra le mani ciò che realmente può rendervi felici, ma colti dal dubbio non potete sapere se l’oggetto del desiderio apparirà o no….
In questo caso, non è certo difficile capire come poche ore possono sembrare letteralmente una vita.
TW WALSH. HENRY KAPLAN. 2017.
