QUANDO LA GIUNGLA DIVENTA PERTURBANTE.
Non sapevo che la pellicola Kodak e le scene di combattimento più strabilianti di Matrix fossero così imparentati! Me lo hanno spiegato i Black Flower, mitica band belga che in questo loro nuovo album provano a ottenere gli stessi risultati facendosi aiutare dalla più vecchia delle tecnologie per congelare gli istanti: la pellicola fotografica. Esattamente come le sorelle Wachovski questo video è un gioco visivo che si prefigge il compito di separare tra loro il tempo e lo spazio. Separarli cioè dalla prospettiva della telecamera e quindi nel nostro sguardo, il quale ha il nuovissimo compito di trasferire al cervello una massa di informazioni in più che mai avrebbe potuto ottenere in modo naturale.
Insomma è un effetto di rallentamento/accelerazione del tempo diventato del tutto artificiale semplicemente perché fotografato da ogni punto di vista. Ne risulta uno scollegamento perturbante tra ciò che vede la telecamera, l’osservatore e ciò che effettivamente è il soggetto mostrato. Il tutto realizzato però solo con pellicola analogica! Non è nuova questa scelta di tecnologia retrò, eppure non smette di meravigliarmi. Insomma, ciò che stiamo per vedere è una tecnica in uso nel secolo scorso con la quale era possibile creare un effetto particolare di movimento grazie al time-slice. La tecnica è facilmente intuibile: fai stare al buio la band, le chiedi di suonare e di muoversi come se nulla fosse e nel frattempo la inondi di bagliori di flash improvvisi scattati da 86 fotocamere disposte a cerchio. L’effetto risultante mostrerà più punti temporali all’interno dello stesso fotogramma tanto per giocare un po’ con quell’altra emozione “vecchiotta” quella dello straniamento. Ciò che è nuovo è che in un certo senso, il tempo che sperimentiamo aggiunge un ulteriore livello di profondità a una visione che sta già condizionando il modo in cui assistiamo al tempo normalmente e chissà se siamo davvero agli albori di un rinnovamento della vista!
Intanto, il risultato di questo è un movimento circolare complesso fatto di velocità diverse. Lo stesso che al cinema rende possibile e credibile il colpo di pistola rallentato mentre tutto intorno è nel caos. Insomma una realtà che sembra trarre ispirazione da un incubo. L’incubo però non riguarda affatto le sonorità del gruppo che si affianca ad una cantautrice belga dalla voce conturbante come Meskerem Mees. Anche questo loro incontro professionale ci racconta di quanto l’album sia stato un ricco raccoglitore di grandi occasioni, incontri e scambi, sia spirituali, musicali e culturali necessarie per chi proprio del tempo intende parlare. Si dice infatti che i Black Flower siano stati in tournée in Brasile nel 2020 e – mentre il mondo era in lockdown – suppongo abbiano bevuto profondamente dalla coppa del dubbio e della meraviglia. Forse, mi dico, hanno cercato di dare un’immagine a quegli eventi e a quegli incontri e per farlo si sono sottoposti a questa specie di esperimento sonoro e grafico al tempo stesso. Ne è risultato un video stralunato nel quale ciò che accade è sia protagonista significativo del videoclip che frammento irrilevante e di passaggio. In questo modo ciò che facciamo vedendolo è un continuo confondere ruoli e le situazioni all’interno di un tempo che potrei definire statico. Una specie di momento psichedelico di epifania. Un momento nel quale si sta a guardare i membri della band accompagnati da una serie di figure astratte, giochi di luce, elementi e oggetti colorati, come se tutti fossimo in una giungla sacra che ci abbaglia della stessa luminosità crescente di certe giungle caraibiche.
BLACK FLOWER. VICTOR VAN ROSSEM. 2022.