SHAKESPEARE IN HATE.
Uno dei più grandi meriti di William Shakespeare, al di là delle sopraffine doti di composizione testuale e dell’inventiva retorica, è quello di aver creato una pletora di modelli narrativi che, al pari dei miti classici, sono stati trasposti e reinterpretati nel corso dei secoli in ogni forma immaginabile.
Quella di “Romeo e Giulietta” è forse la tragedia d’amore più famosa di sempre, e se un cineasta come Lloyd Kaufman – autore di quella perla di follia che è The Toxic Avenger – ha avuto il coraggio di girarne una versione a base di mostri mutanti con Lemmy dei Motörhead come voce del coro, si può affermare che la sfortunata storia dei due amanti veronesi non conosce limiti di manipolazione.
La sempre interessante Mykki Blanco sceglie proprio l’opera del Bardo (con tanto di citazione didascalica dei primi versi del prologo) come ispirazione per lo struggente video diretto da Matt Lambert, conferendo alla vicenda nettissime chiavi di lettura di stampo sociale.
Siamo nella periferia tedesca, e l’animosa rivalità fra due “casate” sta per raggiungere un punto di non ritorno: da una parte un manipolo di skinhead nel ruolo dei Montecchi, dall’altra una povera famiglia di profughi nei panni dei Capuleti (ma ovviamente i cognomi sono intercambiabili).
In una continua sovrapposizione di piani temporali, fra salti cronologici, scioccanti flash-forward e teneri ricordi persi in una dolcezza favolistica, seguiamo la travagliata love story degli immancabili protagonisti. Come se non bastassero le differenze etniche a complicare la relazione fra i due, la loro appartenenza alla comunità LGBT+ sembra il suggellamento finale alla definizione di “amore impossibile”.
Un amore nato durante l’adolescenza, maturato segretamente negli anni, condiviso da una bellissima coppia di ugualmente “diversi” che il sentimento ha guidato oltre le squallide restrizioni del pregiudizio.
Ma nessuno dei parenti sembra in grado di comprendere un simile affetto: schiavi di un antagonismo futile, covato dall’ignoranza e dal rancore, inasprito dalla brama di vendetta che “ciclo dopo ciclo, dopo ciclo” condanna le loro dinastie alla cultura dell’odio, i due schieramenti si danno occasionalmente battaglia per le desolate strade campestri.
E a pagare col sangue, come la tradizione insegna, sarà sempre la purezza dei fragili e degli innocenti.
Un vero e proprio concentrato di emozioni, che nasce dalla toccante drammaticità della base musicale, germoglia con la profonda interpretazione vocale della rapper e culmina nella strabiliante performance della stessa Blanco, che dimostra di possedere qualità attoriali davvero ammirevoli. Come non commuoversi sentendo la cantante gemere sul cadavere del suo innamorato? Come non farsi sopraffare dall’amarezza osservando la canna spietata di una Luger posarsi sulla sua nuca?
La caoticità del montaggio, che inframmezza, inverte e sovverte l’ordine degli eventi in barba alle norme di narrazione convenzionale, sembra rimarcare l’idea di un eterno ritorno nefasto, che non conosce inizio né tanto meno fine, in un imperituro effetto domino di violenza e intolleranza, senza vincitori, senza vinti.
Un videoclip coraggioso e schietto, pessimista e brutale, nel quale l’artista americana sembra concretizzare quel senso di disillusa frustrazione maturata durante le sue trasferte europee: è triste constatare che neanche un oceano intero può arginare il razzismo e l’omofobia.
MYKKI BLANCO FT. WOODKID. MATT LAMBERT. 2016.