IL MARE IN UNA BOLLA.
Ricreare un coloratissimo osservatorio marino in una bolla per pesci non è certamente cosa usuale, quando poi si utilizzano per lo scopo null’altro che gommosi giocattoli o oggetti spugnosi che si espandono sott’acqua in continua mutazione.
La musica retro-pop dei Sound of Ceres (Karen e Ryan Hover) trova un felice connubio visivo con il time lapse applicato in un ambiente “marino” per ottenere una realtà dal carattere infantile e vagamente orrifica, dove strane creature si agitano lentamente, chiudendosi e schiudendosi come animate da leggeri spasmi, catturate da lenti macro che ne accentuano i particolari “anatomici” con effetto straniante e grottesco.
Un piccolo esperimento casalingo ad opera di David Harris si è rivelato quasi per gioco, un sofisticato compendio visivo di biologia in progress in cui, ad un primo sguardo sarebbe difficile realizzare la reale grandezza dei soggetti e stabilire ciò che è natura o artificio, se non fosse per la consistenza e i colori fluo a definire l’aspetto ludico dell’insieme. Un mondo sommerso conteso da gruppi di scheletrini, tartarughe, squali, tarantole, acari, polipi ecc che fluttuano in morbide pose, che sembrano partoriti dalla genialità (ora un po’ ingenua) delle tecniche dei fanta-horror anni ’50, e come quelle, in fin dei conti di minaccioso hanno poco o nulla.
SOUND OF CERES. DAVID JUDE HARRIS. 2015.