RULES / FREAKIN’ DISCO (ADAM FREUND)

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DE PUERIS ET MONSTRIS.

Nella fascinosa tradizione dei dark fantasy psicologici a misura di bambino, dall’antico e pregiato Il giardino delle streghe di Robert Wise e Gunther von Fritsch agli incubi soleggiati di Riflessi sulla pelle di Philip Ridley, strizzando un occhio all’horror surreale in scala di grigi di lynchiana memoria, il filmmaker Adam Freund firma un perturbante e ipnotico viaggio nel timoroso inconscio fanciullesco.

Come ci si può immaginare dopo una simile presentazione, non è certo l’omogeneità narrativa quella che interessa al regista: il video è un mosaico scomposto di diapositive stranianti e segmenti onirici, illogico e terrificante come solo un brutto sogno riesce a essere.

E di sicuro le note lente e gravi, quasi oltretombali, degli ungheresi Freakin’ Disco non attenuano l’aura fosca delle premesse.

I ricordi confusi di vecchi B-movie intravisti alla TV vanno a mescolarsi senza soluzione di continuità alle rimembranze, ben più concrete e vivide, della quotidianità domestica.

La terrificante testa di pesce appesa in una parete del soggiorno diventa il trofeo di una remota battuta di caccia nella Selva dei Mostri.
I genitori dormono svestiti nel loro lettone, mentre un demonio ferino li scruta accovacciato sopra il ventre materno, proprio come nel famoso dipinto di Henry Fuseli.

Madri che sorridono, simili a streghe ammalianti, in macabri quadretti familiari che sembrano usciti da un romanzo di Ira Levin, mentre i flash imbarazzanti di una squallida recita scolastica incidono un insanabile sfregio sulla serena e spensierata integrità delle memorie infantili.

Si può misurare la vergogna di un ragazzino costretto a esibirsi su un palco, di fronte ad amici e parenti, con indosso un ridicolo costume da albero? E l’apprensione di sapere che un attore adulto, conciato come un taglialegna, gli si presenterà furtivo alle spalle brandendo un’ascia di plastica? Quale miglior esempio di subdola, castrante dominazione patriarcale?

Nelle serpeggianti fantasie edipiche di età prepuberale, i padri assumono i volti di creature raccapriccianti, fra mascheroni pelosi che richiamano il Lon Chaney di L’uomo lupo e pacchiani travestimenti rettilomorfi che sembrano un ibrido fra i mutanti di Uomini coccodrillo e Il mostro della laguna nera.

Una donna si sollazza libidinosamente nella vasca da bagno in compagna di un essere squamoso, forse brindando in silenzio all’effigie di Isabelle Adjani nel Possession di Żuławski.

L’insegnante di educazione fisica, orco imponente e severo, sfianca a suon di esercizi le sue giovani allieve, portandole poco alla volta a un parossismo distruttivo e latentemente erotico, a un passo dall’isteria collettiva che colpì le suore di Ken Russell nel suo spettacolare I diavoli.

Sulle strade perdute (Lynch approva) di una notte tenebrosamente fiabesca, illuminate dai fari di un’auto guidata da un uomo-lucertola, le fantasmatiche figure di bimbi e genitori – tutti dai volti familiari – costellano i margini della carreggiata. Terrorizzanti giovinetti doppelgänger seguono sinistre donne accompagnate da cani al guinzaglio, alla maniera di Cinzia Monreale nel fulciano L’aldilà.

Ma si sa, i pargoli nei film dell’orrore non sono mai da meno in termini di inquietudine. E infatti vederli in gruppo, sorridenti nell’oscurità boschiva, mentre dissotterrano pesci morti, insinua nel pubblico preoccupanti reminiscenze visive che vanno dal Peckinpah di Il mucchio selvaggio al Serrador di Ma come si può uccidere un bambino?

Insomma, bimbi belli, la morale è chiara: non addormentatevi davanti alla maratona televisiva di Halloween quando mamma e papà fanno giochetti kinky nella camera a fianco!

FREAKIN’ DISCO. ADAM FREUND. 2018.

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