CLOSE YOUR EYES (AND COUNT TO F**K) / RUN THE JEWELS (AG ROJAS)

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CHI IMPRIGIONA CHI. COSA INTRAPPOLA COSA.

L’America è stanca. Straordinario e schifoso mondo straniero. Si sa, puoi avere un carrarmato in casa ed è legale, usare la sedia elettrica per rieducare chi delinque, prendere finanziamenti statali per il culto anche se dedicato a satana, bruciare libri della scuola come forma educativa, parificare il creazionismo a Darwin ma il politically correct fa licenziare professori universitari che dicono pubblicamente che l’”Otello” di Shakespeare è una grande opera e quindi sono quelli che avvalorano la violenza sulle donne.  

L’America è quel posto che nessuno è americano per davvero, a meno che tu non sia un amerindo (come si diceva alle elementari) ed il posto dove c’è un largo e incomprensibile razzismo ma bada bene, se ad una festa mascherata ti vesti da messicano con cappellone e baffi finti ti buttano fuori in pochi minuti perché stai offendendo la sensibilità e il bon ton di chi pensa ai veri messicani. Cosa che anche io trovo di cattivo gusto: essere messicano non è una maschera è quella particolare condizione di vivere al di là del muro che gli americani vogliono per tutelarsi dai messicani…

C’è un poliziotto e un ragazzo di colore. Il video presenta subito quello che a me, come a molti immagino, sembra una situazione con un pessimo finale. La prima cosa che mi aspetto è l’uscita della pistola o di un taser. Il classico ginocchio sul collo. Grida disperate di uno che non respira e poi l’affievolirsi di lotta e grida per poi finire con un processo che ammenda un poliziotto buono che faceva il suo dovere.

Invece no. Il risvolto è inaspettato e surreale. La lotta è alla pari. Mentre l’inizio mostra il poliziotto che placca e immobilizza il giovane, questo, una volta sciolto dalla stretta è lui ad immobilizzare il poliziotto in un’alternanza di acchiappa e fuggi, una lotta sporca di atterramenti o ribaltamenti, un corpo a corpo estenuante che sembra più lo svilupparsi di una relazione tormentata che uno scontro sociale. La lotta segue fino a sera, senza più forze, senza più senso, senza, pare, più rabbia o cattiveria da parte di entrambi: la lotta appare come una relazione, un compito da svolgere, quel gioco delle parti che interpreti ma al quale non credi. I due si rotolano per un gran pezzo di marciapiede di un quartiere isolato. Sono soli. Si prendono, scappano, si affrontano ancora. Entrano in una casa e continuano la lotta. Si litigano il latte preso dal frigo e continuano a scontrarsi sulle scale, nelle stanze in camera da letto. Sono sfiniti. Sono stanchi del ruolo che hanno avuto in sorte. È finita la giornata. Si buttano a letto distrutti. Il resto della lotta, il resto della fatica lo faranno domani.

Questo piccolo film è aggressivo ed etico. Surreale e molto concreta nel descrivere il non senso di quel quotidiano vivere. C’è una lotta ma non ci sono ferite o pugni. C’è conflitto ma non violenza. C’è competizione ma non una meta da vincere. La lotta pare andare avanti da sempre. Come se i due, anche se con poca convinzione, fossero incatenati ad un personaggio da interpretare, come se a imprigionare veramente non fosse un carcere ma il ruolo da interpretare nel quale sono intrappolati.

RUN THE JEWELS – FEAT. ZACK DE LA ROCHA. AG ROJAS. 2015.

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