GOD IS A CIRCLE / YVES TUMOR (JORDAN HEMINGWAY)

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SANGUINARE DI FEDE.

“Uno dei più grandi artisti viventi.”
“L’universo sonoro e visivo di Yves Tumor è una benedizione per quest’era.”
“Un artista unico. Tanto sottovalutato che fa male.”
Questi sono solo alcuni dei commenti che spuntano sotto il videoclip di “God is a circle” del misterioso e poliedrico artista Yves Tumor, nato “probabilmente” a Miami e tutt’ora immerso nelle fitte nebbie di una vita privata costantemente sottratta alle attenzioni di social media, agenti promozionali e addirittura fan.


Nel 2017, in un’intervista rilasciata per Rumore, Tumor aveva detto che: “Non mi piace che i giornalisti conoscano il mio nome e dove vivo. Uno posta cose personali on line, aumentando il numero di fan, che a quel punto sono convinti di conoscerlo anche se non l’hanno mai incontrato. Io non voglio che nessuno passi quella linea di demarcazione.” – e questa sua convinzione, soprattutto durante il lancio di “Safe in the hands of love” (2018) avvenuto senz’alcun tipo di tam tam pubblicitario, è rimasta coerente con le sue azioni; a parlare più forte delle parole, nel caso di Yves Tumor, è sempre la musica, il solo elemento concreto che può raccontarci di lui e della sua visione del mondo.


Riflettendo sull’attuale produzione del musicista, che prosegue liscia dopo i numerosi concerti in supporto ai Nine Inch Nails di Trent Reznor e ai Florence + The Machine, il più recente singolo di Tumor s’intitola “God is a circle” ed è stato rilasciato il 2 novembre 2022, data piuttosto singolare, come vedremo a breve, se ci concentriamo ad analizzare la straordinaria estetica del videoclip realizzato da Jordan Hemingway.
Prima di addentrarci fra musica e cinema, tuttavia, gli appassionati di musica verranno sicuramente rassicurati dal lavoro di quanti hanno seguito la produzione di questo singolo, da Noah Goldstein (produttore, e collaboratore di Frank Ocean) ad Alan Moulder che si è invece occupato del missaggio, mentre alcune delle vocals di supporto sono state incise dall’artista Ecco2K dei Drain Gang.


Tornando ora allo squisito B-Movie realizzato da Hemingway per accompagnare il pezzo, potrebbe non essere un caso, come dicevamo prima, che il singolo sia stato rilasciato proprio il Giorno dei Morti. Nell’incipit del video, infatti, uno “zombesco” Tumor viene dissotterrato da un becchino sullo sfondo di una foresta post-apocalittica, mentre più in là – coi suoi respiri frenetici e strozzati in loop – una donna bendata cerca di tornare a vedere.


Oltre alla violenza visiva di una produzione così satura di toni caldi e contrasti affilatissimi, ciò che più impatta nel dipanarsi della storia è la profusione di simboli che l’accompagna – la maggior parte dei quali legati a due pervasivi immaginari: quello nazifascista e quello cattolico.
La presenza del redivivo Tumor, perciò, appare da subito un’anomalia da correggere. Seminudo e vestito di spikes e borchie, l’alter ego dell’artista si muove attraverso sfilate di suore deliranti e aguzzini che indossano stahlhelm, brandiscono fruste e lo torturano.

I simboli fanno di certo riferimento, pertanto, potrebbero riferirsi a una più complessa elaborazione del concetto di conservatorismo (un elemento forse biografico dell’infanzia di Tumor in Tennessee) ma questa, se ignorassimo le lyrics di “God is a circle”, sarebbe solo una lettura parziale. Per quanto sia facile intendere il travagliato testo della canzone come una sorta di metabolizzazione/elaborazione di una relazione amorosa, in realtà il tutto – a partire dal titolo – sembra procedere in direzioni molto meno ovvie. Sullo schermo, le concretizzazioni estreme del sadismo e della repressione, nazismo e cattolicesimo, danno luogo a un’atmosfera di sofferenza e morte, ma lo slancio delle parole punta alla pace, al silenzio.


“Lay down, can we please? Silence is what I need. Can we bury the hatchet?”
Ed è proprio l’immagine, così nitida e precisa, della richiesta di “seppellire l’ascia di guerra”, che la tensione emotiva del singolo appare nella sua interezza. Laddove si parla d’amore e dolore, in realtà, l’interlocutore non è mai stato umano. C’è un Dio, dall’altra parte, che ascolta e si riempie di dubbi, e al di qua, invece, l’artista che prova a convivere con l’amore di cui parla – amore che altro non è che fede, pura e semplice.
Ma non è una fede funerea, legata soltanto al dolore, che pure è presente, ma alla sensazione di sentirsi vivi. “Lovin’ you it hurts sometimes” conclude il brano “but I can’t help it, ’cause it makes me feel alive.”
“God is a circle” è una storia, la storia perpetua di un ciclo di appagamento e sofferenza, nel sacrificio, per tendere a un’ideale o a una pace superiore – e il senso di questa ciclicità appare fortissimo proprio nel finale del videoclip, dove Tumor, portando con sé una bandiera, avanza verso la luce in fondo a un tunnel, altro richiamo alla morte che, ciclicamente, riconduce il termine del cortometraggio al suo principio – il ritorno alla vita dall’Aldilà.

YVES TUMOR. JORDAN HEMINGWAY. 2022.

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