THE DEVIL AND HIS ANARCHIC SURREALIST RETINUE / DEERHOOF (JOSEPH BAUGHMAN)

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PSICHEDELIA UN FOTOGRAMMA ALLA VOLTA.

Un titolo chilometrico quanto eccentrico, una canzone imprevedibile che scorrazza a briglia sciolta dalla composizione all’esecuzione – i Deerhoof non si smentiscono – e un video doverosamente ribelle: una triade perfetta per questo piccolo trionfo dell’assurdismo alla plastilina.

Tutta farina del sacco di Joseph Baughman (Joe per il pubblico), audace animatore che si serve della Claymation – ovvero la stop motion a base di pasta modellabile – per offrire un degno non-senso visivo alla fiera caoticità del brano.

L’artista valorizza l’intrinseca verve lisergica della tecnica utilizzata, associando alla stilizzazione delle sculture, solo apparentemente bambinesca, una meticolosa cura nello studio coreografico dei loro movimenti: ne emerge un sistema di matericità ed eleganza capace di elevare il grossolano a sublime.

Ogni ditata impressa nel pongo è ben manifesta, ogni screpolatura sulla superficie resta intatta, senza che un falsificante processo di levigazione o di limatura tenti di nascondere la natura artigianale dei soggetti, o ne ingentilisca le movenze.

Nonostante la ricercata crudezza dell’esposizione, Baughman sa il fatto suo e lo dimostra a più riprese, sfoggiando movimenti di macchina tutt’altro che scontati e ingegnandosi con gli effetti atmosferici. Basti dare un’occhiata alla precisione con cui, semplicemente piegando piccole porzioni di prato sintetico e aiutandosi con batuffoli cespugliosi rotolanti, ricrea efficacissime folate di vento su un campo erboso.

La magia dell’animazione, e in particolare di quella a passo uno, consiste proprio in questi escamotage illusori, e il regista ne coglie appieno l’anima.

Guidato dalla selvatica linea musicale del gruppo statunitense, l’artista dà libero sfogo alla propria visionaria fantasia, dando corpo a un delirio ultraterreno ed esoterico, le cui poche tracce di linearità narrativa sfuggono beffardamente come una saponetta tra le dita.

Una sorta di brodo primordiale, emerso da chissà quale anfratto dell’Inferno, assale un gruppo di curiose figurine antropomorfe, assimilando e tentacoleggiando come l’improbabile figlioccio della Cosa di Carpenter e del Blob di Chuck Russell.

Solo una mucca bipede riesce a sfuggire alla fangosa minaccia, e subito si mette in moto per salvare o vendicare i suoi amichetti catturati. C’è bisogno di rinforzi… e quale miglior alleato contro un’entità sovrannaturale se non un antico demone evocato per mezzo di un rito di sangue?

È proprio quello che il risoluto bovino si appresta a fare, in mezzo a un suggestivo semicerchio di monoliti druidici: il terreno si spacca, e un mostruoso toro satanico affiora dalle viscere della terra! Il tutto si direbbe un’appendice neopagana dell’agghiacciante episodio “Lo straniero misterioso” di Le avventure di Mark Twain.

Il toro impazza attraverso la valle, assaltando strane girandole variopinte e ancor più allucinogene scacchiere, che, girando vorticosamente senza sosta, sembrano tener prigioniere frotte di pedoni sulla loro superficie. L’intervento della creatura consentirà la loro fuga, e, diciamolo pure, spianerà la strada per nuove avventure acide.

Molto particolari, poi, gli incisi costituiti da enigmatici ghirigori di plastilina fluorescente, che srotolandosi in reti venose, appianandosi e deformandosi vicendevolmente, illuminano ammalianti stanze scure dai muri vitrei. E il toro arriva persino lì, seminando il caos e troncando le già esili catene della logica. Il Phil Tippett di Mad God approverebbe!

In quella che potrebbe essere definita la “resa dei conti”, l’animale luciferino si scaglia contro la sbobba ingurgitante, che nel frattempo si è data da fare a suon di metamorfosi e spuntini a base di uova aliene.

Infuria il trambusto: il blob si ritrae contorcendosi in fossette e graffi cerei; le figurine ancora avvolte nei tentacoli del mostro riabbracciano la libertà; i pedoni della scacchiera vengono inglobati, risputati, privati della loro pigmentazione originale.

Tinte al neon, serpeggianti ammassi di argilla, fughe repentine e sparizioni fulminee dettate dalla foga dell’immaginazione di un filmmaker… anzi, di un dream-maker.

Eccolo, l’anarchico corteo surrealista del Diavolo promesso dalla band!

DEERHOOF. JOSEPH BAUGHMAN. 2016.

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