YET AGAIN / GRIZZLY BEAR (EMILY KAI BOCK)

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DISEQUILIBRI E TURBAMENTI.

Quando nel periodo adolescenziale è difficile districarsi dal peso dei momenti imbarazzanti, delle paure e delle frustrazioni talvolta ingestibili, prende il sopravvento uno stato di angoscia dai connotati inquietanti e molto arduo da lasciarsi alle spalle, se non a prezzo di reazioni emotivamente più laceranti delle motivazioni scatenanti.

La giovane regista canadese Emily Kai Bock, spesso selettiva nell’accettare ingaggi artistici, è rimasta così affascinata dall’avvolgente sound di “Yet Again” dei Grizzly Bear, da dover cedere alle loro continue richieste e ammantare la suggestiva canzone di immagini metaforiche sui turbamenti e le incertezze, che insistono nell’intimo delle fragilità adolescenziali.

Una giovanissima pattinatrice artistica in perfetta acconciatura e concentrata sull’imminente performance, si esibisce su una pista ghiacciata costantemente seguita da un fascio luminoso, mentre il resto dell’ambiente è avvolto da buio totale, dove aleggia l’insistente ansia di essere osservata e giudicata nel turbinio dell’esibizione.

Lo spirito della ragazza è quello giusto nel chiudere virtuose evoluzioni e velocissimi avvitamenti, emozionanti sì, magari non precisissimi, ci sarebbe ancora un margine di miglioramento, se non fosse per quella fatale caduta, quella voragine nella lastra di ghiaccio che
l’ha inghiottita facendola sparire all’istante “dalle scene” e annaspare tra le gelide acque del laghetto, da cui filtra ancora quel labile fascio di luce che illuminava la pista.

Dopo un indefinito lasso di tempo, la ragazza come per miracolo riemerge a notte fonda dalle acque di un laghetto in mezzo al bosco e si incammina, frastornata e pattini ai piedi, facendo leva a fatica sulle lame d’acciaio, fino a raggiungere un luna park pieno di gente e di luci, ma ciononostante sentendosi invisibile agli occhi degli altri (un fugace miraggio che sta per chiudere la giornata e aumenta il senso di solitudine).

Sempre claudicando sull’incerto equilibrio dei pattini, si ritrova impaurita in un bosco e si imbatte nella figura apparentemente poco rassicurante di un uomo che poi si rivelerà il suo salvatore; e precisamente da qui, lo stile del video devia verso un percorso narrativo da incubo lynchano, a partire dall’uso ansiogeno delle luci strobo e dal montaggio frammentario che prelude via via ad un crollo nervoso della giovane pattinatrice, esploso proprio nel momento in cui rientrando in casa rivive traumi e fantasmi, resi dalla regista con virtuosistiche inquadrature sempre più deliranti (e cromaticamente ineccepibili) sul volto della ragazza isolata nella sua camera e in preda a un turbinio emotivo irrefrenabile, tra oggetti svolazzanti, occhi spiritati e urla di rabbia, quasi un replay (meno splatter) della celeberrima Carrie nell’horror di Brian De Palma.

GRIZZLY BEAR. EMILY KAI BOCK. 2012.

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