CALL OF THE WILD / AGORIA FT. STS (LOÏC ANDRIEU)

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FINO ALL’ALDILÀ E RITORNO.

Un turno di notte davvero ai confini della realtà per una coppia di poliziotti di Los Angeles dall’assetto spettacolarmente cinematografico: lui navigato e saggio agente di colore, lei giovane ufficiale alle sue prime esperienze sul campo.

Inizia proprio come un classico thriller metropolitano, il video di Loïc Andrieu, con la fallace eroina della situazione, Jane, interrogata da due superiori alla centrale di polizia. Non sono ancora chiare le dinamiche che hanno condotto sin lì la ragazza, ma una cosa è sicura: nulla di buono è accaduto quella notte.

Bastano i primi fotogrammi per evidenziare la capacità del regista francese di ricreare le atmosfere buie e stilosamente bluastre del crime-movie urbano made-in-USA, innalzando il clip allo status di vero e proprio cortometraggio, se non il teaser di un prodotto più elaborato e ambizioso (come sembra confermare lo stesso autore).

L’incalzante ritmo di Agoria, (all’anagrafe Sébastien Devaud) in collaborazione col rapper STS, si muove parallelamente all’azione, accompagnandola e pompandola con l’incisività di un catalizzante emotivo.

A suon di flashback, come nei più tradizionali esponenti della filmografia noir, Jane presenta un resoconto degli eventi, svelando demoni personali e mettendo in luce dettagli assai crudi.

Si parte con una spiacevole sosta sul luogo di un grave incidente d’auto, in cui ha perso la vita un ragazzo nero, probabilmente in fuga dopo una rapina. La refurtiva è ancora accanto al corpo, e, giacché l’occasione fa l’uomo ladro, Jane non si lascia sfuggire l’infame momento cairologico.

Cosa può spingere un tutore della legge a macchiarsi di simile bassezze? Lo scopriremo poco più avanti, durante un tempestivo rimbrotto da parte del suo mentore in divisa, Al, che la costringe con poche parole a consegnargli un flacone di pasticche.

Ebbene sì, la nostra Jane è una tossicodipendente, e Al lo sa fin troppo bene; non ha altra scelta che privarla della pistola d’ordinanza. Ma non c’è tempo da perdere in ramanzine: il dovere chiama i due colleghi fino a un’oscura casa coperta di sigilli. Al va per primo, Jane lo segue poco dopo.

Un breve ritorno nella sala dell’interrogatorio offre brevi attimo di respiro alla narrazione, preparando il pubblico alla sconcertante svolta horror che tramuterà la storia in un incubo allucinatorio.

Sconvolgimenti macabri e repentini, ma forse non del tutto inattesi: non passavano certo inosservate le inquietanti presenze umane che scrutavano saltuariamente la giovane poliziotta lungo la strada, come in un film di John Carpenter; cupi pronostici di un destino tanto infausto quanto surreale.

All’interno dell’abitazione, avvolte nelle tenebre, Jane incappa in un misterioso individuo mascherato, che le va incontro brandendo un coltellaccio. Sembra davvero di essere approdati in uno slasher all’americana!

L’agente cerca la sua pistola, ma si ritrova ovviamente disarmata; cade a terra, mentre il suo aggressore si appresta a colpirla. Chissà come – ma in fondo non è così che funzionano i sogni? – una rivoltella spunta fra le mani della ragazza, che fa fuoco cinque volte.

Chi è l’uomo dietro la maschera? Colpo di scena: è lo stesso Al!

Di lì a poco la notizia dell’omicidio farà il giro dei quotidiani californiani. Un poliziotto ucciso, una “bad cop” arrestata, nessun dubbio sulla sua colpevolezza.

Ma torniamo al passato: disperata per la morte dell’uomo, Jane capisce che può rimediare al suo errore in un solo modo, drastico e davvero inusuale… ma ehi, che ne sappiamo noi di cosa insegnino all’accademia di polizia di Los Angeles in tali circostanze?

Dopo aver avvertito la centrale via radio, Jane lascia un messaggio scritto col sangue su uno specchio nella stanza: “Save us”. Dopodiché, si procura da sola la morte fulminandosi con un filo elettrico, e si accascia accanto al cadavere del vecchio Al.

È qui che accade l’inaspettato: Jane, o meglio il suo spirito, si rialza e osserva il suo stesso cadavere, un po’ come Michael J. Fox in Sospesi nel tempo. Ora appartiene a un’altra dimensione, metafisica, intangibile, e la sofferente anima di Al è insieme a lei. Anche lui osserva la scena del crimine, e si lascia prendere dallo sgomento.

Nel frattempo, i paramedici arrivati sul posto seguono le istruzioni lasciate da Jane a caratteri emoglobinici, e rianimano in fretta e furia la giovane: il suo fantasma tenta invano di portare con sé l’imbambolato Al, ma è troppo tardi. Solo lei passerà “dall’altra parte dello specchio”, mentre il mondo oltretombale che si lascia alle spalle tracolla in un inferno di fuoco e cenere.

Insomma, un delirio visivo che l’escalation strumentale del brano accoglie a braccia aperte!

Cosa sia accaduto realmente, cos’altro sia frutto della fantasia di una donna drogata, chi siano i buoni e chi i carnefici, sarà compito delle forze dell’ordine stabilirlo.

E lo spettatore da che parte sta?

AGORIA FT. STS. LOÏC ANDRIEU. 2019.

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