UNDER GLASS / WOLF PARADE (CALEB BARDGETT & JOHNNY DUNN)

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VIDEODROME SECONDO LUCIFERO.

Ai registi Caleb Bardgett e Johnny Dunn deve piacere molto Cronenberg! E non tentano di nasconderlo in alcun modo, dipingendo per i Wolf Parade gli ultimi istanti di agonia di un povero derelitto in un imprecisato futuro distopico, dove il rapporto fra uomo e tecnologia ha spalancato carnosi scenari da incubo.

Anche se è lo stesso gruppo canadese a precisarlo in calce alla descrizione del video, non è poi così difficile contestualizzare la sequenza per estirparne la satirica morale di fondo.

Una creatura mostruosa, che forse un tempo fu umana, rantola sul pavimento di una stanza buia e marcescente, nutrendosi con le poche forze rimastegli di disgustosi liquami che sembrano trasudare dai suoi pori.

Arrancando, l’essere raggiunge un minuscolo televisore, ancora funzionante, sebbene trasmetta solo rumore statico. Ancor più che le ridotte dimensioni dell’oggetto, a colpire è l’ammasso di sostanza organica che lo avvolge, simile per consistenza e pattern epidermico alla pelle putrescente del malformato soggetto.

Come se l’elettrodomestico non fosse più un accessorio a sé stante, ma una vera e propria appendice del corpo. Al nostro sfortunato protagonista basta infatti inserire un cavo nel foro che gli si apre sopra la nuca per collegarsi. Per dileguarsi da quella realtà infetta, per trovare rifugio in un mondo alternativo, che di reale ha poco e nulla.

È per l’appunto in questo universo parallelo che abbiamo modo di contemplare il viso dell’umanoide in tutta la sua conturbante beltà: qualcuno potrebbe descriverlo come il cugino scappellato di Freddy Krueger uscito da un corto inedito di Shyn’ia Tsukamoto.

Il mostro, qui ridotto a una testa senza corpo poggiata su un piedistallo a bassa risoluzione, osserva allegramente l’ambiente che lo circonda: un rosso inferno digitale, costruito e renderizzato come un brutto videogioco degli anni ’90, ricolmo di televisori svolazzanti e telecamere (in)animate in CGI. Pareti e strumenti sembrano rivestiti di una membrana fibrosa e sanguigna, come se fossimo penetrati nel sogno inacidito di una bistecca di seconda scelta. Il vibrante fuoco farlocco sullo sfondo accentua i miasmi satanici del luogo.

Decine di figurine antropomorfe bidimensionali si scatenano in un’ovazione forsennata non appena il testone di Keegan Kruse, sotto il gustoso make-up di Cig Neutron, comincia a cantare in playback: un successo inebriante, benché quelle minuscole personcine non siano altro che piatti surrogati di un’umanità ormai defunta.

Così limitati nei movimenti e inespressivi, ricordano più che altro le grottesche animazioni cutout del buon Terry Gilliam.

Ma in fondo che importa se l’entusiasmo di quei piccoli spettatori è reale o fittizio? Anche la capoccia parlante della creatura, se osservata da un’angolazione diversa, si rivela una maschera cartonata, un layer senza spessore incastonato in quella prigione virtuale.

Non opera forse così la fame da social che stuzzica i nostri appetiti di vana rivalsa dal grigiore della quotidianità? Non è forse questa la summa dell’assuefazione tecnologica, della dipendenza da quei marchingegni che ci calamitano i sensi dal momento in cui apriamo gli occhi a un secondo prima di piombare nel sonno?

Un’evasione tossica, una scappatoia illusoria, una scorciatoia mendace verso quei quindici minuti di fama profetizzati da Andy Warhol.

Ma a lungo andare, l’uso eccessivo di smartphone, computer e schermi vari può recare danni alla salute… E quale altra lirica via avrebbero potuto percorrere in tal senso Bardgett e Dunn, se non i sentieri del body-horror?

Su imitazione dell’Uomo di cera di William Sachs, la nostra cocuzza canterina comincia dunque a liquefarsi, mentre il suo corrispettivo “vivente”, sempre rannicchiato nella rancida cameretta del prologo, si contorce in spasmi e convulsioni, scossa da un cortocircuito cerebrale.

Gli omini incendiano il palco, bruciandosi a loro volta, il calore opprimente e il caos infestante prendono il sopravvento: fra un occhio che rotola e una viscida colata facciale degna dei Predatori dell’Arca Perduta, la testa collassa. E il “vero” Kruse con lei.

La festa è finita. L’eutanasia informatica ha colpito ancora.

Fino al prossimo trip virtuale del duo di videomaker, possiamo annunciare che eXistenZ è in pausa.

WOLF PARADE. CALEB BARDGETT & JOHNNY DUNN. 2020.

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