UN CAPPELLO E UNO STURA-WC.
Un ragazzo androgino con un cappello da cowboy si accanisce con veemenza cercando di sturare un cesso poggiato sul terreno in aperta campagna; un uomo di mezza età trova soddisfazione e piacere inalando fumo direttamente dal tubo di scappamento di un’auto; un altro personaggio crede di porre fine alle indiscrezioni del vicinato guantandosi le mani con lunghe catene, e per finire, in una serra rinsecchita e abbandonata c’è la madre depressa del biondo ragazzo dell’incipit, intenta a suo modo a dare degna sepoltura a ciò che è rimasto del figlio morto ammazzato.
Il regista Michael Yablonski nel confezionare questo video, sembra abbia digerito per bene comportamenti e devianze disfunzionali di una classe suburbana americana (quasi sempre confinata ai margini per non creare disagio o turbamenti) che tanto fu cara all’esperienza fotografica di Diane Arbus, o al cinema cruento di Rumley “Red White and Blue”, a un certo nonsense di Harmony Korine e ancora, alle spudoratezze di Larry Clark.
Tra ambienti squallidi e vuoto psicologico, un piccolo ritratto di antropologia sociale che non intende giustificare nulla, se non mostrare esistenze al limite appiccicate l’un l’altra col nastro adesivo, accomunate da un girovagare catatonico, da sguardi abbrutiti che sfidano il voyerismo di un certo pubblico, che sembrano in procinto di scattare in avanti e aggredire o rimanere storditi nell’indifferenza più totale, per un epilogo tanto triste quanto scontato, data l’atmosfera per nulla rassicurante dei presupposti.
Nonostante il campionario di situazioni grottesche superbamente fotografate da Luke McCutcheon nell’ermetica clip, per controbilanciare la refrattarietà delle immagini è necessario il sound catatonico della band shoegaze canadese No Joy che rende meno greve la drammaticità dei fatti, grazie anche alla voce suadente di Jasamine White-Gluz accompagnata dalle chitarre di Peter Kemper “Sonic Boom”.
NO JOY & SONIC BOOM. MICHAEL YABLONSKI. 2018.
