CONCERTO PER PIANOFORTE E ORCHESTRA N. 2 / SERGEJ PROKOFIEV (GEORGES SCHWIZGEBEL)

VIDEO ARK ||| Recensioni Video Musicali

NON UN VIDEO CLIP IN SENSO CLASSICO ANZI SI.

Prokofiev è uno dei miei grandi amori. Non è la star del momento. Non ha preso un Grammy Award per la musica di recente e non conosce Lady Gaga (probabile nemmeno Lady Gaga sa chi è Prokofiev). Chi si interessa di video clip come facciamo qui a Video Ark, difficilmente si occupa di musica di questo tipo, cioè roba così lontana nel tempo ma in questo video, le mie due passioni (musica classica e sperimentazione visiva) trovano un felicissimo incontro per un grande risultato artistico, espressivo e attuale.

Spero non appaia forzata la recensione di un video clip che in verità è più un’animazione musicata ma per la durata, per la struttura di musica e immagine e per il fatto che sta sulle piattaforme di video come i più pop e popolari video dei Coldplay spero mi passerete la scelta. E secondo me ne vale la pena.

Jeu è un video favoloso. Di quei capolavori che trasforma il gesto animato, l’immagine in movimento in partitura musicale. È un video classico ma allo stesso tempo una sorta di educato ed estetico viaggio lisergico. Una psichedelicità di sensazioni e colori che avvengono davanti agli occhi ma che non si capiscono a livello visivo o intellettuale, si trasformano in scariche elettriche nel cervello che danno un piacere quasi imprendibile.

Georges Schiwzgebel, regista e animatore di grande calibro, usa la tecnica dell’animazione conosciuta come Paint-on-glass, quella con la quale si dipinge con colori a lenta asciugatura (olio o tempera mischiata a glicerina) su lastre di vetro da fotografare e poi ridipingere prima che il colore si secchi. Questa tecnica offre tutto il gusto della pennellata e del dipinto fatto a mano. Richiede una capacità pittorica di alto livello e in questo video viene mostrata tutta e con forza.

Guardando, già dalle prime immagini, si viene catapultati in un mondo vertiginoso, però gioioso e piacevole. Niente di inquietante o di teso. Come uno di quei sogni lucidi dove non c’è storia e non c’è tempo ma assapori il gusto vero dell’agire, dell’essere lì in quel posto di immaginazione e incomprensione.

Come in una esperienza onirica, spazi e prospettive sono in continua evoluzione. Lo spazio si distorce, si allarga si moltiplica. Si sviluppa un sistema modulare che si ripete e si trasforma. È un fluire di azioni ripetute che ad ogni giro inseriscono una piccola variazione che porterà al modulo successivo.

Nella prima parte il gioco è più astratto. Si colgono dei riferimenti reali ma sono solo un’eco, un’ombra del mondo formale. Invece, da un cero punto in poi, quando le immagini si fanno più riconoscibili e abbiamo la sensazione che gente che corre giocando a palla sia un racconto più prendibile, è lì che le cose diventano davvero dinamiche e caotiche. La nostra percezione prende tutto come identificabile ma non sa collocare, non capisce. L’ambiente si deforma e ritorna a sé. Il tempo scorre in modo circolare per ripetere l’inizio. Tutto è mutevole e stabile. Tutto si mostra facile da prendere ma sfugge continuamente.

Tentando di dare una lettura appena appena formale si può dire che il video si divide in capitoli creando dei nuclei tematici che si sviluppano, come detto, ripetendo movimenti ed elementi interni. All’inizio sembrano solo degli sviluppi formali che permettono di vedere l’oggetto e lo spazio da più punti di vista e invece man mano appaiono dei contenuti, piccole storie che dal movimento libero si fanno forma pura per poi prendere man mano significato e narrazione.

Grande sforzo estetico e colto, pieno di riferimenti sottaciuti che passano dai colorismi di Matisse alle geometrie metafisiche di De Chirico con qualche spruzzo di Magritte, per dirigersi a forme e pennellate più americane alla Hopper.

Che altro dire? La musica rende il tutto un flash ed è anima potentissima di queste immagini. E proprio a dimostrazione di questo il video finisce con la versione più formale che poteva esserci: si arriva sul palco con l’orchestra dove le immagini sembrano dirette dallo stesso direttore d’orchestra. La cosa potrebbe apparire quasi didascalica ma guardate, arrivate fino in fondo e ditemi se questa è la vostra idea di concerto classico.

SERGEI PROKOFIEV. GEORGES SCHWIZGEBEL. 2006

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