SINKING SHIP / BALTHAZAR (JOE VANHOUTTEGHEM)

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UN RESET VIOLENTO.

Una gioventù catatonica, insofferente a qualsiasi stimolo, è come imprigionata in giornate grigie e piatte, senza né alti né bassi ammantate da un senso di pessimistica ipnosi o apatia che si estende a qualsiasi livello, come una pandemia dai connotati oscuri.

Protagonista del contorto e indecifrabile video di Joe Vanhoutteghem, un ragazzo seminudo che si ritrova in uno stato di torpore in una decadente villa che si sfalda a vista d’occhio, sguardo basso e andatura narcolettica, fino a quando un colpo di martello autoinferto ripristina i suoi sensi, facendolo ondeggiare in uno stato precario a metà tra il delirante e il semicosciente.

Nella stanza malamente illuminata, l’ombra del ragazzo che si staglia sulle pareti assume le sembianze di una mostruosità inattesa, il profilo di una sagoma curva e minacciosa che ricorda l’orrorifico “Slender man”, ombra nera che rimane impressionata sul muro in modo indelebile e che lascia persino le sue tracce fuligginose sul corpo del giovane, rimasto come impietrito davanti allo spiazzante fenomeno.

Il tempo di una ripulita e si allontana da casa in una corsa innaturale e scomposta, con lo sguardo rivolto sempre a terra, per raggiungere (come un automa) un club sinistro dove si esibiscono i Balthazar; ed è proprio qui che si palesano gli effetti di un invisibile contagio psichico che piega gli abitanti del “dannato villaggio” in un condizionamento del tutto privo di stimoli o sentimenti, tant’è che sia la “tetra” band belga ridotta a misurati gesti sul palco, che il pubblico nella buia sala si muovono all’unisono come colpiti da una subdola tele(a)patia.

Solo una ragazza rimasta in un angolo (la modella Elise Crombez) appare estranea a ciò che succede intorno a lei, e perciò attrae l’attenzione del nuovo arrivato, che in uno slancio di vitalità la porta via di peso fuori da quel locale a dir poco strano, per portarsela in casa dove si consuma in una notte, un fugace e appassionato recupero dei sensi.

Ma il momento idilliaco (se così si può definire, vista l’atmosfera lugubre che avvolge l’ermetica storia) dura relativamente poco; il mattino seguente, una cappa di malvagità cala nuovamente nella stanza, con i due dallo sguardo assente, in piedi l’uno di fronte all’altro e imbrattati di nero, un breve attimo prima che all’improvviso una micidiale martellata si abbatta sulla ragazza in pieno volto.

Morale: sarà un dolore acuto e traumatico l’unico antidoto per risvegliarsi dall’intorpidimento dei sensi e da una piatta massificazione?

BALTHAZAR. JOE VANHOUTTEGHEM. 2013.

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