BURN THE WITCH / RADIOHEAD (CHRIS HOPEWELL)

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BEATA INTOLLERANZA.

Per il brano piuttosto raro dei Radiohead, pubblicato nel 2016 come singolo su vinile successivamente al download dal loro sito, sono stati espressi vari giudizi dalle riviste di settore, sul significato del testo e del video…”come una critica all’autorità e un monito contro il pensiero di gruppo, esprimendo “terrore e scetticismo”, oppure: “The Guardian ha ritenuto che affrontasse la sorveglianza di massa o la minaccia di aprire una discussione rappresentata dagli utenti autocontrollati dei social media”, o ancora: “lo scrittore di Pitchfork, Marc Hogan ha suggerito che l’idilliaca Gran Bretagna rurale rappresentata nel video affrontasse la retorica dei valori familiari usata da politici di destra”.

Il video di Chris Hopewell, girato interamente in stop motion, ricalca “ingannevolmente” l’atmosfera giocosa e l’ambientazione infantile della serie tv inglese per ragazzi che andava in onda negli anni ’60 dal titolo “Trumptonshire”, differendo però nei contenuti che si fanno velatamente inquietanti, fino a raggiungere l’apice in un epilogo che rende omaggio ad un capolavoro dell’horror inglese del 1973 “The wicker man”.

Un piccolo villaggio di pupazzetti si appresta agli ultimi preparativi in attesa del sopralluogo di uno zelante ispettore invitato a testare funzionalità e aspetto del paesello nell’insieme e anche di alcuni curiosi manufatti sparsi per il tragitto, chi falcia il prato, un postino dipinge di rosso la cassetta della posta, un altro costruisce una sorta di struttura in legno e due donne adornano una piattaforma rialzata con fiori.
Più avanti un droghiere impila scatole di pomodori e un’orchestra inizia a suonare.
(Niente di più ordinario e rasserenante, si direbbe). Ad accogliere il solerte ispettore, un ometto in pompa magna e in alta uniforme da cerimonia, presumibilmente il sindaco che con astuta deferenza conduce il burocrate in bombetta in un tour che a poco a poco assume connotati sempre meno rassicuranti.

Agli occhi dell’ispettore in giro per strade e parchi del “ridente” paese, gli abitanti sfoggiano divertiti e con aria compiaciuta i particolari marchingegni solo in apparenza innocui o addirittura giocosi e rappresentazioni folcloristiche anche queste fintamente spensierate, strane pietanze sanguinolente e intrugli equivoci, gente fin troppo contenta di faticare, insomma una coreografia “di mostra” dalla quale traspaiono via via segnali di una collettività tutt’altro che bonaria, intollerante e gelosa del proprio status, certamente incoraggiati dall’autorità in accordo coi compaesani.

L’ultima tappa della visita guidata culmina in un giardino in atmosfera di festa, con banchini, musicisti e tanta gente in attesa dell’evento finale, ovvero lo svelamento di un’enorme scultura impacchettata che si presenta come il leggendario “uomo di vimini”, e a un cenno del sindaco, l’ispettore sarà invitato a salirci sopra a controllare da vicino il massiccio manufatto; senonché inaspettatamente un catenaccio viene azionato e, rinchiuso con l’inganno, il povero uomo sarà dato alle fiamme nello spettacolare rogo di pagana ritualità.

Mentre il fuoco divora la struttura e ormai i giochi sono fatti e l’obiettivo raggiunto, l’intera folla in preda a un fanatismo liberatorio si volta verso la telecamera e saluta allegramente gli spettatori: forse un sarcastico monito ai forestieri dal guardarsi bene di oltrepassare i confini e di “contaminare” una cultura che si crede perfetta?

“Burn the witch, burn the witch, we know where you live”.

RADIOHEAD. CHRIS HOPEWELL. 2016.

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