RAZZA DI ANIMALI!
Che gli animali antropomorfi siano una soluzione eccelsa per veicolare messaggi e osservazioni di stampo sociale, politico o semplicemente psicologico, non è una novità: da Esopo a George Orwell, gli esempi sono davvero troppi da tenere a mente.
Abbassare la natura umana allo stadio zoologico rende più chiara la metafora, più variopinta l’allegoria, e poi diciamolo: sono uno spasso da rappresentare in forma artistica! Che si tratti degli eroi letterari di Richard Adams, di quelli animati di Walt Disney o dei trucchi che stuzzicano l’immaginazione di tanti make-up designer.
Proprio a quest’ultima categoria appartengono le creature del videoclip diretto da Carlos Lopez Estrada, qui affiancato dagli stessi autori del brano (nonché membri del cast) Sebu Simonian e Ryan Merchant – altrimenti noti come Capital Cities.
La vicenda si svolge dunque in un universo alternativo la cui la popolazione è interamente costituita da bestie umanizzate di ogni genere e specie, diverse da noi nell’apparenza ma straordinariamente – e vergognosamente – simili nella mentalità.
Persino in questo mondo così bizzarro, dove scimmie e conigli condividono gli stessi spazi, dove maiali e cardinali rossi passano il tempo insieme, l’efferata ombra del razzismo proietta le sue turpi forme. Ed è così che all’entrata di un club notturno esclusivo (possibile che i Caravan Palace abbiano preso spunto da qui?) un’insegna riporta a chiare lettere il tassativo divieto d’ingresso alle zebre.
Quale animale poteva meglio incarnare la dissennatezza della discriminazione? Bianco a strisce nere, o forse nero a strisce bianche? Così affine nell’aspetto a un cavallo, eppure mai abbastanza chiaro, o mai abbastanza scuro, per potersi considerare alla pari di un purosangue.
Il protagonista della storia è appunto un giovane esemplare di uomo-zebra, interpretato da Ryan Merchant: allontanato per via del suo colore dal prestigioso “Kangaroo Court”, locale alla moda perfetto per ballare e ascoltare buona musica, si ritrova a passare l’ennesima frustrante serata in solitaria, davanti al televisore, consumando cibo da asporto.
Facendo zapping fra un documentario naturalistico dai contenuti terrificanti (non sono mai un bello spettacolo i banchetti sanguinari dei predatori africani, figurarsi per una zebra!) e riprese di quadrupedi partorienti, il nostro incappa in un canale a dimensione “equina” dai toni più poetici. Quanta eleganza, quanta maestosità sono racchiuse nelle atletiche membra dei cavalli selvaggi! E pensare che, con qualche striscia bianca in meno sul corpo, sarebbe quasi impossibile distinguere una volgare zebra da un nobile mustang.
Idea illuminante! Con un tocco di tinta nera e un bel vestito addosso, il disperato Merchant si trasforma letteralmente in un ronzino dal look impeccabile. Un documento d’identità falso farà il resto.
Recatosi nuovamente davanti al Kangaroo Court, il buttafuori non ha questa volta alcuna esitazione a spalancargli la porta e a introdurlo nel posto più in della città. Un inganno bello e buono, ma in fondo che male c’è? Tutto quello che Merchant chiede è una decorosa serata di ballo, e considerando la naturalezza con cui si muove, lo spirito libero con cui segue il sound della band sul palco, se la merita tutta!
Attira persino l’attenzione di una graziosa barboncina, con cui condivide un eccitante duetto danzereccio: è forse il principio di una romanzesca love story? Ma il novello pseudo-mustang non ha fatto i conti col vendicativo bulldog che aveva già messo gli occhi (e le zampe) sulla bella cagnolina, e una piccola svista si rivelerà fatale per il nostro amico: nella foga del momento, il zebrotto si è infatti scordato di annerirsi la coda! Questo dettaglio non passa inosservato al cagnaccio suo rivale. Basta un suo schiocco di dita perché Merchant venga fermato, scoperto e infine arrestato.
Una zebra che si spaccia per cavallo? Inaudito, scandaloso, un crimine da prima pagina, davvero mostruoso!
Dalle strisce del pelo alle strisce della galera il passo è breve, e sebbene in tribunale neanche il giudice e la giuria siano immuni all’orecchiabilissimo ritmo della canzone in corso, il verdetto è unanime: colpevole. La condanna è sicura: pena di morte gastronomica.
Due maiali-maccellai provvedono all’atroce esecuzione del povero Merchant, e a niente possono le lacrime inconsolabili della barboncina dal cuore spezzato, forse l’unica che avrà imparato una lezione importante alla fine di questa brutta vicenda.
Anche se il sangue dell’infelice zebra viene teatralmente sostituito dagli effettisti con una fontana di coriandoli rossi, l’effetto disturbante è attenuato solo parzialmente. Soprattutto alla luce di un finale dai sentori horror in cui il vecchio Merchant viene servito come una succulenta bistecca al più forte esponente della classe agiata: nientemeno che un leone (ironicamente interpretato dal “collega” Simonian), che si degusta il fiero pasto come un famelico mangia-indigenti in salsa gourmet.
Quanta crudele umanità ribolle in questi animali in giacca e cravatta…
CAPITAL CITIES. CARLOS LOPEZ ESTRADA, SEBU SIMONIAN & RYAN MERCHANT. 2013.
Grazie di cuore a Costanza Sbarriti che ci ha segnalato questo simpatico video!