IL VIBRANTE RITORNO DEL PASSATO.
Un video così affascinante che persino il suo making of potrebbe elevarsi al rango di clip ufficiale.
Questo è il frutto dell’innegabile talento dell’artista cinoamericano Andrew Thomas Huang, che per il supergruppo Atoms for Peace progetta una mirabolante esperienza sensoriale, tanto impressiva nei contenuti quanto sbalorditiva nella composizione tecnica.
L’opera si avvale di un misto di animazione in stop-motion alla maniera tradizionale, ottenuta mediante l’uso di modellini e col supporto del blue screen, e di effetti digitali perfettamente adattati alle riprese in live action.
Particolarmente d’impatto la ricostruzione in CGI della testa e delle mani del cantante Thom Yorke, rimodellate e renderizzate in perfetta sintonia con l’ambiente circostante.
Ci troviamo nel bel mezzo di un paesaggio desertico, percorso in lungo e in largo da gruppi di montagne rocciose, simili a un arcipelago in un oceano di sabbia.
Come in tutti i mari, anche qui le onde turbano la quiete della superficie, e, dettaglio insolito, si spostano seguendo particolari disegni concentrici e irregolari, come linee di elevazione su una carta topografica.
I loro vibranti movimenti seguono il ritmo del brano in esecuzione, in piccoli scatti che riecheggiano virtualmente l’animazione a passo uno. Chi ricorda il mare di mattoncini nel film The Lego Movie saprà cosa aspettarsi.
In questo turbinio di increspature sabbiose, a un tratto emerge una curiosa figura antropomorfa: come riportato a galla da inarrestabili agitazioni sotterranee di ignota natura, il faccione di Thom Yorke affiora dal suolo. Il suo aspetto e la sua pigmentazione ramata riprendono in tutto e per tutto la texture pietrosa della location, trasformando il frontman dei Radiohead/Smile in un reperto archeologico proveniente da qualche epoca dimenticata dal tempo.
Che si tratti di un gigante fossilizzato, o di un’immensa scultura forgiata da qualche civiltà estinta, una cosa è certa: per come si presenta, il cantante ha certamente visto giorni migliori.
Il viso di Yorke sta cadendo a pezzi; i segni erosivi dei fenomeni atmosferici susseguitisi nel corso dei secoli hanno lasciato su di lui segni indelebili, e continuano a comprometterne l’integrità. Egli è ormai una reliquia decadente, la testimonianza obsoleta di un mondo antico che incanta, inquieta, suscita persino compassione.
A un certo punto, sotto la guida sonora del sintetizzatore, le onde di sabbia si colorano, formando variopinti arcobaleni dalla fluida mobilità. In mezzo a questo calderone allegramente tinteggiato si sollevano altre anticaglie di natura artificiale: ponti, palazzi ed edifici di vario genere nascono come funghi, spinti verso l’alto dalla forza inesorabile della terra.
Sembra quasi di assistere a una rinascita architettonica: dopo anni – forse addirittura millenni – di silenzio, le memorie di una popolazione ormai scomparsa riappaiono alla luce del giorno, magari nell’attesa che i nuovi abitanti del pianeta tornino a percorrerle, ad abitarle, a infondere loro la vita perduta.
Ma si tratta solo di una mera illusione: a poco a poco le costruzioni crollano, vanno in frantumi, si disperdono in frammenti fra la tempesta desertica che solo pochi istanti prima le aveva resuscitate. Anche il povero Yorke farà la medesima fine, risucchiato nell’abisso di quell’apocalisse geologica.
E se non vi è futuro sotto il sole, rimane sempre un posto nel sottosuolo: mentre le colate di sabbia psichedelica si addensano in stalattiti e stalagmiti, decorando una lunghissima grotta appena formata, Thom, il cui corpo sempre essersi misteriosamente ricomposto, si ritrova appeso al soffitto, come un assurdo lampadario umanoide.
È forse questo il suo destino? Imprigionato per sempre in quella ridicola posizione, ridotto a semplice ornamento naturale alla mercé di esploratori e petrografi di un lontano domani?
Non è mai detto: chissà quanti e quali altri sconvolgimenti tettonici ne stravolgeranno la fisionomia, la posa, la stessa essenza individuale…
Meditandoci su, questa catena di mutevoli processi rispecchia il tramestio interiore di molte persone: non è forse così che un animo sofferente risponde alle avversità della vita? Scompare nell’oblio, si rialza nel coraggioso tentativo di superarle, e d’improvviso tutto gli appare luminoso, gioioso, colorato dall’ottimismo; poi torna il buio, la distruzione, e infine la sedimentazione nei meandri dell’angoscia.
Ma c’è sempre la speranza di un recupero, di un ritorno alla superficie, e forse della fine definitiva di questo triste ed esasperante ciclo.
Nel frattempo, ci si goda la visione di questo gioiellino!
ATOMS FOR PEACE. ANDREW THOMAS HUANG. 2013.
E, per gli appassionati, il “dietro le quinte” del videoclip.