FOREVER OF THE LIVING DEAD / TIM KASHER FEAT. LAURA JANE GRACE, JEFF ROSENSTOCK (ERIC STAFFORD)

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L’AMORE AI TEMPI DEGLI ZOMBI.

Fra tutte le categorie di mostri che popolano la ricca collezione di antagonisti del genere horror, forse quella degli zombi è quella più intrinsecamente tragica. E diciamolo pure, anche la più sfigata! Nessuno charme vampiresco, niente del fascino animale di un licantropo… solo l’incombere della putrefazione e la fame di carne umana.

Non parliamo, certo, dei più moderni “infetti” della tradizione di 28 giorni dopo, che fra corse senza tregua e frenetiche acrobazie, neanche danno il tempo di riflettere sulla drammaticità della loro condizione.

No, prendiamo qui in esame i classici morti viventi che George A. Romero ha popolarizzato nel corso degli anni. Del resto, l’animatore e regista Eric Stafford non mostra alcuna reticenza nell’allacciarsi stilisticamente alla scuola del primo La notte dei morti viventi, a partire dall’inconfondibile font del titolo, proprio all’inizio del videoclip.

Dopo la notte, l’alba e il giorno, come potrà mai apparire il “sempre” dei morti viventi?

Ce lo descrive in toni allucinati il protagonista del clip, un ex-giovanotto che presenta tutti i sintomi tipici della zombite acuta: vestiario consunto dal periodo di permanenza nella bara, colorito verdognolo, pelle marcescente, vene pulsanti, occasionali perdite di arti e vermetti che sguazzano fra i vasi sanguigni.

Ma se la maggior parte degli zombi non è altro che un ammasso di carne putrida camminante, il nostro amico si rivela al contrario un individuo senziente, offrendo così a Stafford l’occasione di trasporre in forma visiva il testo romanticamente malsano di Tim Kasher.

Nell’elaborata piattezza dell’animazione, tecnicamente un upgrade digitale della cutout animation reminiscente di certo David Firth, il redivivo si guarda allo specchio e contempla l’inarrestabile decadenza fisica cui è condannato.

Come in una serenata gotica, le note agrodolci della canzone accompagnano le peregrinazioni mentali e deambulatorie del nostro, perse nella vaghezza dei rimpianti e nella mestizia del presente, in vista di un futuro che non sembra avere più significato.

La solitudine è la vera maledizione che affligge il “ragazzo”, miserabile outsider in un mondo dominato dalla ferina bramosia di cibo, dove lo spirito dei viventi è oramai un concetto remoto e obsoleto.

Ma può uno zombi provare l’amore? Be’, la memoria cinematografica suggerisce una risposta affermativa, a partire da quelli che sono forse i genitori di tutti i ritornanti della cultura pop: il mitico Frankenstein di Boris Karloff e la sua altrettanto iconica moglie.

Il povero eroe immagina con orrifica ironia di segarsi in due il corpo affinché le sue gambe possano vagare senza controllo; è dunque affidandosi agli arti inferiori che il nostro incontra – letteralmente! – la sua agognata dolce metà, anch’ella ridotta a un paio di gambe passeggianti, pure lei sola in una terra cimiteriale.

Fra altre splatterose sdolcinatezze, l’amico fantastica su come strapparsi il cuore dal petto e darlo in pasto al cane (non-morto anche lui, ovviamente), di mozzarsi la testa e lasciarla ai piedi del letto della morosa…

I due piccioncini, ora tutti interi, si avviano verso “la Fine”… o almeno così indicherebbe un cartello sulla strada. Capiamo che sono diretti alle loro tombe, come se volessero riposare in pace e insieme, una volta per tutte, per l’eternità.

Già, ma che durata può mai avere l’eternità, per uno zombi?

Forse solo fino alla prossima resurrezione di massa?

L’ultimo atto del video ospita per l’appunto un climax romantico visionario, fra orde di silhouette zombesche e lunghe camminate attraverso le stagioni e gli elementi, coi nostri due amanti nuovamente separati, nuovamente in cerca l’uno dell’altro.

Il trip si conclude in una casetta diroccata, dove il nostro ascolta il sensuale sassofono di un non-morto musicista e sorseggia l’aperitivo offertogli da uno scheletro, aspettando l’arrivo della scarnificata fidanzatina.

Il loro ricongiungimento è degno delle più passionali love story di Hollywood!

E così via con un’altra sepoltura, prima dell’ennesimo risveglio romeriano… Un ciclo infinito, un po’ patetico, inequivocabilmente tenero.

Be’, soltanto l’amore poteva dare una parvenza di significato a un “sempre” senza senso…

TIM KASHER FEAT. LAURA JANE GRACE, JEFF ROSENSTOCK. ERIC STAFFORD. 2022.

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