CLOSER / NINE INCH NAILS (MARK ROMANEK)

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VIOLENTO, OSCENO, BELLO!

Sgranato, vecchio, sembra un filmato ritrovato in qualche baule di un archivio o, peggio in un armadio di qualche reparto psichiatrico dismesso o nella collezione di un personaggio psicolabile.

C’è un cuore a ritmo, batte. Un pezzo di carne che viene tenuto in vita da tubi e sangue iniettato e pulsa la sua vita anche se oramai è rimasto un pezzo meccanico.

Immagini di scarafaggi girovagano per alambicchi e fiale mediche dimenticate dal tempo.

Reperti, strumenti, scheletri e una figura femminile glabra e androgina fa cose incomprensibili. Poi una scimmia crocifissa (poi ne parliamo) e una foto urlante di Jack Nicholson.

Poi Francis Bacon, “figura con carne”. Nel video la citazione di uno dei suoi capolavori più drammatici e famosi che nel video diventa una scena esplicita e dolorosa di un uomo in piedi davanti a pezzi di manzo che ricordano ali d’angelo. Ma anche riferimenti chiari a Man Ray, il suo metronomo e De Chirico con la riproduzione di una sua natura morta con testa.

Ecco di cosa è composto il video per la canzone Closer dei Nine Inch Nails, di tutto questo e di molto altro ancora.

Mettetevi comodi e iniziate ad osservare tutto per bene.

Il video che vi racconto mi ha messo in stallo per molto tempo. Non è stata la cupa crudezza di alcune immagini a impedirmi di scriverne o l’argomento violento e le rappresentazioni forti, perverse o provocatorie: no! Anzi. Queste sono le parti per me più intriganti. È che nel video c’è un brutto uso degli animali, vivi e morti, e la cosa mi ha sempre dato fastidio già dalla prima volta che lo vidi su quello che fu MTV ormai una quindicina di anni fa. Poi il testo è molto duro, decisamente scorretto e dissoluto. E poi, al contrario, Trent Reznor, che si vuole duro e puro si mostra narcisisticamente bello…

Ieri ho trovato per caso un’intervista dove si diceva chiaramente che gli animali coinvolti in questo video non sono stati né maltrattati né usati in malo modo. La scimmietta è stata chiamata assieme al suo proprietario e è stata lasciata giocare liberamente. Di fatti le scene presenti sono pochi fotogrammi di una stessa piccolissima sequenza e vengono mossi e ripetuti. Manzo e maiale presenti sono scarti di una macelleria e sono in uno stato avanzato di putrefazione perché buttati tra i rifiuti. E gli scarafaggi pare fossero gli abitanti naturali e gli unici frequentatori del “Linda Vista Community Hospital” di Los Angeles, struttura abbandonata dove diverse scene del video sono state girate. Sarà una questione superflua per molti, ma l’uso del dolore inflitto a essere viventi più deboli, soprattutto per il futile fine estetico, a me da un fastidio e una rabbia incontenibile.

Superati per un filo sottilissimo questi problemi iniziali, ora mi lascio andare alle cose che invece trovo affascinanti e le prime due sono di sicuro l’atmosfera e il sapore ruvido che, in mezzo a tante altre citazioni, sono fortemente ispirate ad artisti straordinari e sconvolgenti che da sempre mi attraggono in modo torbido e perturbante.

Brothers Quay visionari creatori di sconcertanti animazioni altamente espressive, polverose e sporche (se non li conoscete, conosceteli) e soprattutto Joel-Peter Witkin, fotografo che decora morte e deformità facendo arte del disordine emotivo.

Il video è una sequela di tableau vivant belli carichi di significati e come nelle fotografie di Witkin i set sono studiati nei minimi particolari per mettere al centro soggetti che fanno piccole azioni dal forte carico simbolico.

Le meccaniche assurde e gli avvenimenti quasi astratti immersi in luci cupe e materiali polverosi, come nelle animazioni dei Brothers Quay, restituiscono una analoga storia cupa, concorrendo a rendere il video decisamente diverso dalla maggior parte dei racconti patinati che ci sono in giro.

Il contrasto tra un brano così moderno e immagini che ricordano dagherrotipi fine ottocento danno un senso poetico e richiamano tutto il decadentismo che si vuole associare al brano.

Il racconto potrebbe essere quello di una specie di gabinetto di uno scienziato dissennato e dilettante che nella sua aggressiva cattiveria vorrebbe controllare il mondo come un dio. Il video abbina e combina situazioni paradossalmente lontane tra loro come esseri viventi e macchine industriali antiche con aggiunta di strumenti sadomaso per il sesso sofisticato di rapporti complicati.

L’ambiente ricalca una wunderkammer come in alcuni altri video del genere, soggetto che si vede che per molti registi di oggi. riveste il simbolo massimo di un decadentismo antico e perverso.

Parole e immagini, che apparentemente non sono legate, hanno invece una risonanza simbolica, una sottolineatura emotiva più che didascalica.

Reznor etereo al centro della scena che vola aumenta il senso di astrazione e passionalità. Lui è il deus ex machina che controlla tutto. Lui è il creatore dei quadri che ci scorrono davanti. Decisamente un dio cattivo e violento che però, da buon dandy, ha un grande senso estetico.

NINE INCH NAILS. MARK ROMANEK. 1994

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