IMMIGRANIADA (WE COMIN’ ROUGHER) / GOGOL BORDELLO (ISAIAH SERET)

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LA CASA È IL MONDO.

Ma quanto ci fanno schifo i poveri e tutta questa gente lorda che ingombra le nostre strade.

Questi vengono a casa nostra e pensano di poter fare come gli pare! Con quelle facce svuotate, con quei vestiti stracci e quei destini pigri ad avere fortuna. Ma perché non se ne stanno a casa loro?

Sa signora, se non ci fossero i poveri, i derelitti, questa massa di carne da sacrificare alle macchine, agli odori più nefasti, alle fatiche più disumane sarebbe la fine. Sarebbe inaudito. Sarebbe il momento di tirarsi su le maniche e fare noi quel che va fatto ma che deleghiamo a loro e chiediamo pure che ci ringrazino per la nostra grande magnanimità e squisita tolleranza.

Gli immigrati, gli indigenti, le persone in difficoltà, i miserabili. Tutti al nostro servizio e pure sotto il ricatto del o così o niente…

Eugene Hütz, pseudonimo di Evgenij Aleksandrovič Nikolaev-Simonov è ucraino e ora, lui e i suoi connazionali sono cari amici ma fino a quando non sono “andati di moda”, per noi italiani erano come gli altri sporchi immigrati che vengono in Italia a rubarci il nostro lavoro e a stuprare le nostre donne. Eugene è uno che di mondo ne ha visto: gli è scoppiato Chernobyl in casa e a 14 anni è scappato lasciando tutto. Per sette anni ha dovuto vivere tra centri profughi in Polonia, Ungheria, Germania, Austria, e anche Italia (Santa Marinella è una canzone della band che parla di quel periodo).

Ora che ha fatto la grana viene rispettato, invidiato e acclamato perché è uno che col suo gruppo suona in posti fighi e fa concerti da migliaia di persone ma prima che sbarcasse nella terra della fortuna ne ha dovuto scavare di fango con le mani come tutti gli altri trapiantati malvoluti…

Immigraniada, sempre con gli accenti Rom e di musica dell’est distintivo dei Gogol Bordello, è un brano che celebra la fatica e la sopportazione sovrumana che queste persone hanno subito. Il video mostra uomini e donne consumate dalla fame, vestite a stento e sempre con qualche busta di plastica, spesso bagaglio di tutto quello che hanno. Uomini e donne che non si scoraggiano e per vivere passano da un lavoro all’altro, da un servizio all’altro, da una schiavitù all’altra. Passano sotto capi indisponenti e schifosi pronti allo sfruttamento e al lavoro in nero, passano sotto l’attesa e la burocrazia. Appesi ad un sì che aiuta o un no che fa perdere tutto di colpo.

Sono persone e sono forti. Sono il motore di questa baracca che galleggia non per merito di molti di noi ma sicuramente di molti di loro…

Il punto di vista del video è ancora più interessante però. Quel punto di vista ci offre, a noi europei che gridiamo sempre più spesso “all’invasione”, una riflessione in più: il punto di vista è l’America e quindi gli immigrati per quel Paese sono sì, i cinesi, gli africani, i messicani, ma udite udite, siamo anche noi. Anche noi lì siamo quegli immigrati che tanto odiamo. Noi che col nostro bagaglietto e magari il nostro diploma, una laurea 110 e lode o master e una lettera di raccomandazione andiamo là per far fortuna. Ma noi abbiamo il diritto perché noi siamo diversi. Noi, è un’altra cosa.

No! Mani, piedi, cuore e sangue, siamo tutti uguali. Se parti per andare a far fortuna sei come loro anche se per qualcuno la fortuna è al massimo un tozzo di pane e riuscire a sopravvivere, e pensa che sfacciataggine quella di voler rimanere vivi e credere di avere il diritto che anche per loro la vita abbia un valore.

Il video finisce con una nota positiva, come per una festa, un raduno di gente che non si arrende e che vuole, esige un po’ di buono e di giusto nella vita anche se è derelitto e a mille miglia dalla propria casa, stanno insieme e ballano, cantano e suonano per farsi forza e riempirsi di spirito e di energia.

Quindi ognuno a casa propria va bene, son d’accordo, solo che la casa è il mondo intero…

GOGOL BORDELLO. ISAIAH SERET. 2012.

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