PLEADER / ALT-J (ISAIAH SERET)

VIDEO ARK ||| Recensioni Video Musicali

MI SEMBRAVA TARKOVSKIJ MA ERA “SOLO” UN VIDEOCLIP.

Non lo ripeterò, lo accennerò e basta: semplici videoclip, a volte, sono all’altezza di film. E se l’abbiamo detto tante volte, se abbiamo riconosciuto ad una piccola azione commerciale per vendere e diffondere bene un brano musicale la dignità della meravigliosa settima arte, in questo video, si racchiude il tentativo di aggiungerne un’ottava.

Non parlo della sua bellezza, anche se l’immagine, grazie ad una fotografia ispirata e dai colori corposi e coerentemente calibrati, raggiunge livelli estetici ricercati e particolari e nemmeno parlo di tecnica filmica, regia o montaggio, anche se in questo, credo siano decisamente di alto livello e abbiano del buon mestiere. Non parlo nemmeno dell’afflato emotivo che la storia toccante incastonata tra le note riesce ad evocare.

Parlo principalmente del coraggio, della necessità, della voglia di fare di immagini di accompagnamento, spesso usate poco più che come supporto, un’opera d’arte. Generalmente basta poco, un montaggio a ritmo, belle immagini facili e il video è fatto: successo assicurato. Ma quando il video piega il brano ad un contenuto, ad un sentimento più profondo come in questo caso, quando il girato non celebra la band che suona il pezzo ma aggiunge letteratura e narrazione alla musica, abbiamo una miscellanea inaspettata di sentimento e arte.

Gli Alt-J sono una band particolare, non sono nuovi a sperimentazioni o narrazioni forti nei loro video e come abbiamo giù avuto modo qui su Video Ark di mostrarvi (guarda qui) hanno la lungimiranza e la sensibilità per lasciarsi contaminare dalla creatività di registi vogliosi e di livello. Pare che Joe Newman, voce e chitarra degli Alt-J, abbia consegnato una sola riga al regista, Isaiah Seret con scritto più o meno: “Un’elegiaca storia d’amore soprannaturale che termina con un’ondata di terra che frana verso il villaggio.” Niente più.

Da questo è nato un film intriso di segni inquietanti di una catastrofe imminente. Una sciagura nata e portata avanti nel tempo dagli abitanti di un villaggio o da una maledizione che li colpisce da molto e dalla quale non possono sfuggire. Le dinamiche piene di tensioni familiari immerse in magici paesaggi naturali, ma tutto ruota attorno alla nascita di un bambino.

“Per favore. Un bambino potrebbe impedirlo.”

Sono le parole che un adulto miniature, un capo famiglia, dice ad una coppia di giovani innamorati, per costringerli ad avere un figlio e questa nascita, a parere di tutti, li libererà magicamente da quella maledizione.

Il figlio però non deve nascere dall’amore della coppia. Il figlio deve essere creato in una specie di Ius primae noctis dal giacere del capo villaggio (suppongo) con la giovane donna. I due accettano di mala voglia il loro gravoso compito e la ragazza, in un gesto tenero dice al suo amato: “Avremmo un bambino.” Per poi salire in camera con l’altro uomo.

La scena è pratica e funzionale ma c’è tutta l’asprezza delle tradizioni e delle superstizioni crudeli delle comunità chiuse ed ottuse…

Arriva la gravidanza. Non è facile per i due. Il bambino già nella gestazione mostra poteri evidenti e potenti.

Se la musica ha accompagnato tutto l’andamento della storia, a tre minuti dall’inizio la canzone inizia veramente con la nascita del bambino. La musica dal gusto folk è parte della scena. Sono gli stessi minatori, gli stessi abitanti della valle a cantare e per un attimo tutti i loro dolori, tutte le loro paure sembrano dissolte.

Ma la sciagura predetta arriva. Tutto sarà distruzione e fiamme. Tutto sarà perdita e morte. Tutto il villaggio viene raso al suolo e niente è stato utile a farlo sopravvivere: il bambino e l’azione magica per farlo nascere, il suo potere non sono bastati a lasciare tutto intatto per sempre.

Muoiono tutti e tutto viene inghiottito dalla terra. Solo il bambino sopravvive e nei suoi occhi e nella sua memoria vivranno ancora mamma e suo papà, le persone del villaggio, la valle e la natura. Questa non è la fine della storia però. Il video prosegue in un risvolto toccante…

Video interessante e bello. Non basta una sola visione per apprezzarlo. Ci sono evidenti citazioni e raffinati riferimenti. Ad esempio alle inquadrature e ai tagli fotografici dell’artista Bruce Davidson, fotografo americano che racconta spesso comunità particolari o spaccati di società reiette e isolate, ma soprattutto “Sacrificio” film del 1986. Il grande Andrej Tarkovskij scrive un film dove in una casa isolata nella natura un uomo festeggia il suo compleanno insieme ai familiari, mentre al mondo è stata annunciata una prossima e misteriosa catastrofe.

ALT-J. ISAIAH SERET. 2017

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