SMETTERE DI VIVERE COME CONIGLI.
Oggi parliamo di metal, non del classico metal, bensì dei Genghis Tron, un gruppo di “extreme-metal” ovvero band contenuta all’interno la santa trinità di grind, death e black. E che anzi a causa dell’utilizzo di un batterista dal cuor di silicio e incastri di elettronica vengono definiti come cyber-grind-metal ma anche math-core per i loro innesti veloci, mai troppo rettilinei o prevedibili e per il loro urlo continuo.
Per tanti anni i gruppi di musica estrema ci hanno abituato ad immaginari e narrazioni sempre più oscure, violente, in una costante escalation (guardiamo la strada aperta dai Black Sabbath come si è sviluppata negli anni) verso il nero più nero, verso la violenza più atroce, ecc ecc… Ma abbiamo la fortuna di vivere un tempo differente dove tanti paletti di genere e di immaginario sono saltati. La rigidità si è sciolta ed è quindi con gioia che possiamo approcciarci ad un video di un gruppo di metal estremo moderno che può permettersi un immaginario assolutamente opposto a ciò che è solito. Sono cambiati i musicisti e persino i fan che hanno decretato la fortuna di questo video che usando come protagonista un coniglio riesce ad imprimersi alla vista stagliandosi totalmente su tutte le altre migliaia di video di band tutte uguali.
Il video è diretto da tal Sean O’ Connor, personaggio di cui non si riesce a far luce avendo lui un canale YouTube vecchio di 14 anni con due video e basta. Il pezzo è un estratto dal secondo album dei Genghis Tron del 2008, nonché loro esordio per la sempre meritevole “Relapse Records”, dopo anni e vari EP in tiratura limitata per l’etichetta “Crucial Blast” famosa per aver in catalogo Burial Hex, Skullflower e prezzemolino Aidan Baker. La traccia dura un minuto e cinquantasette secondi, e viene introdotta da suoni ambientali, per poi buttarci all’istante dentro questa tirata di pura brutalità sonora di chitarre distorte e voce urlante e passaggi dispari inquieti.
Ma torniamo al coniglio, lui è un caro animaletto bianco candido dal corpo peloso, gli occhi spaventati, un muso buffo. Fin dalla prima immagine lo troviamo in una foresta in cui i tronchi degli alberi sono pieni d’occhi, il fogliame è d’un tono violetto, così come l’erba è fra l’arancione e il rosso (erba o fiamme? E chi lo sa?). Subito dopo un primo piano del caro animale ecco che compare un sinistro mostro dal pelo verde fluorescente (pelosità comunque morbida) dotato di piccoli occhi e una dentatura spinta verso l’esterno, il quale inizia ad urlare e “ovviamente” fa scappare via il nostro piccolo animale.
Qui che comincia la rincorsa, mentre il nostro protagonista batuffolo se ne corre via, la mostruosità lo insegue e il paesaggio sullo sfondo si fa sempre più oscuro e il mostro si fa sempre più violento. Non c’è un posto dove nascondersi perchè ogni volta il mostro scova la sua preda che imperterrita riprende la sua corsa lontano dagli urli e dalla paura. Questa folle corsa giunge in un cimitero, e la prima lapide arriva come una sentenza “sono in ritardo” (sentenza su come finirà? O forse solo citazione del Bianconiglio di Alice nel paese delle meraviglie?).
La seconda lapide più che una iscrizione contiene un disegno del leprotto con la sua faccia impaurita e sotto la scritta che arriva come seconda sentenza, ovvero; “tu”. Da dietro la lapide compare il mai stanco mostro, e poi l’attenzione si muove sui dettagli del cimitero dove gli alberi sono senza foglie, i tronchi sono viola grigiastri, e qui si mostra un’altra lapide con il disegno del coniglio e sotto la scritta esplicita “Fott**i”.
Quando tutto pare sia arrivato all’ultimo chilometro ecco che lo scenario cambia, la musica si ferma e interviene un morbido beat hip-hop con stratificazioni di sintetizzatori dai suoni sognanti, e compare un letto rosa, erbe verdi e conigli saltellanti sullo sfondo, sul letto due conigli si stanno dando da fare, fra bianchi batuffoli e un coniglietto pianista. In questo “paradiso per conigli” compare il nostro protagonista ancora spaventato e la pace ha vita breve perchè dopo poco ricompare il suo antagonista. La musica prende la rincorsa per un attimo prima di buttarsi nella solita brutalità veloce, distorta e urlante.
D’un tratto il mostro è ripreso di spalle e ciò che cade a terra pare sangue, tutto lascia intendere il peggio quando invece il coniglio si trasforma in un enorme coniglio arrabbiato dalla muso ricucito il quale attacca senza pietà il mostro. Ora è il mostro ad aver paura mentre cede alla furia cieca del fu fuggitivo, e l’ultimo attacco è un’accetta piantata in faccia al mostro stesso che cade a terra. Nell’ultimo secondo il coniglio si toglie la maschera e mostra il suo volto di umano arrabbiato, frustrato.
Forse sto solo intellettualizzando un bel divertissement, ma la storia di cui siamo stati testimoni non è forse quella di tutti noi, quella dove talvolta ci sentiamo impotenti e in fuga dai nostri dei demoni interiori? E di come a volte è necessario fare a pezzi questi demoni dimostrando tutta la nostra violenta interiore?
Oppure è solo una buffa storia di uno strano animale, a voi la scelta.
GENGHIS TRON. SEAN O’ CONNOR. 2011