NORWEGIAN WOOD.
L’opera che vi presento oggi viene dalla Norvegia, un Paese che, per chi è appassionato della storia della seconda guerra mondiale, è stato teatro di diversi episodi interessanti che hanno ispirato sia il cinema che la letteratura.
Nel 1940 la Germania invase Danimarca e Norvegia, incontrando debole resistenza, il Terzo Reich cercava soprattutto materie prime per sostenere il proprio sforzo bellico e secondo molti la popolazione locale, almeno in parte, collaborò attivamente sulla base di una comune fascinazione per i miti norreni.
In molte ricostruzioni metastoriche si ipotizza che in Danimarca e Norvegia i nazisti stessero sviluppando armi in grado di stravolgere l’esito della guerra, e sia sulle piattaforme di streaming ( su Netflix il recente Narvik) che in libreria vi sono numerose ricostruzioni più o meno attendibili sul rapporto tra le popolazioni scandinave e il regime nazista.
Il cortometraggio di oggi si inserisce in questo filone, seguiamo un giovane tedesco che va in Norvegia a disperdere le ceneri del defunto padre e trova un ambiente ostile. Il defunto in Norvegia ci era andato in divisa e i locali hanno di lui ricordi contrastanti.
La tecnica usata è quello dello stop motion che credo si faccia ancora all’antica, i pupazzi vengono fotografati in più fasi del movimento e poi le immagini vengono montate per dare la sensazione del movimento, maggiore il numero dei fotogrammi migliore è la resa…
Esempi recenti di stop motion che meritano una visione sono “Fantastic Mr Fox”, “Coraline” e “Nightmare before Christmas”, ma chi ha superato la cinquantina di sicuro ricorda le serie sci-fi “Stingray” o “Thunderbird” che ebbero un successo di massa e che hanno rappresentato il principale riferimento, almeno fino all’avvento della computer graphic, di tutti i film di fantascienza con navicelle, dischi volanti e creature fantastiche.
I bambolotti sono di dimensioni importanti, circa un metro, hanno un ghigno inquietante (a me restano impressi le dentature inferiori) e si muovono sia in una Oslo ricostruita (con tram, automobili e numerosi dettagli). Le dimensioni rendono credibili anche le scene ambientate nella foresta ,accanto ai corsi d’acqua, nelle casette di legno.
Il brano del collettivo elettro-jazz Jaga Jazzist (nel 2024 festeggiano il trentennale) offre un tappeto narrativo garbato e mai opprimente, la sceneggiatura è ben costruita e i circa 7 minuti non hanno cali di attenzione.
Realizzato grazie al sostegno anche di fondi pubblici necessari per un prodotto così complesso, è diretto da due video artisti che sono habitué dei festival internazionali specializzati in cortometraggi.
La storia non ve la racconto perchè ritengo che vi basterà avviarlo per restarne rapiti.
PRUNGEN – JAGA JAZZIST – TRISTA NAMO & FEHL ROCH 2016.