MOAN / TRENTEMØLLER (NIELS GRÅBØL AND ULRIK CRONE)

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PICCOLO ABBAIATORE

Non c’è che dire siamo bravi. Noi esseri umani intendo, siamo abili, capaci e fantasiosi in fatto di crudeltà. Nel piccolo, nel privato lo troviamo sempre il modo di fare male: piccole e grandi violenze, soprusi, abusi. Poi in gruppo le violenze più organizzate e di branco. Su altri piani ci organizziamo per guerriglie o scontri e poi ad alti livelli ci sono le crudeltà programmate e ufficiali che di solito copriamo coi veli di difesa e ordine ma a ben vedere, sono solo divise per segregare e uccidere.

In un mondo pieno zeppo di morti ammazzati da guerre utilissime a far girare l’economia che affamano e sterminano, insieme ad altri stratagemmi crudeli che insultano il valore della vita e dell’esistenza, che impoveriscono e inaridiscono il nostro labile senso di civiltà, mi imbatto in questo video.

Mi tocca, mi commuove: forse è per l’età che avanza che mi rende sempre più molle. Lo capisco, è puerile commuoversi per la piccola morte di un cane randagio e che forse avrebbe trovato la fine con una scarica elettrica in qualche canile comunale, ma questo video in verità, mettendo il focus sul momento, rendendo reale e immediata la sofferenza e l’assurdità del fatto, rivela non solo la tragedia specifica ma la spietatezza dell’uomo fatta con semplicità e, anzi direi, con naturalezza.

Il video si riassume in poche righe: una cagnetta in una navicella spaziale sospesa a mezz’aria per la mancanza di gravità. Prima di morire gli tornano in mente i momenti della sua storia. Aveva una famiglia e una casa ma si perde, come succede. Viene catturata dagli accalappiacani incaricato di mantenere il decoro delle nostre città. Poi viene selezionata, analizzata, medicalizzata, preparata e spedita nello spazio.

La musica scorre ritmica ma delicata. Il testo ripete “Penso a te…”. La canina muove la bocca per cantare.

La musica di Trentemøller è di grande suggestione, contenuta e attraente. Forse il brano non è stato scritto preciso e aderente al video ma il tutto è di buon effetto emotivo.

Tanto per dire, Laika, quella vera (In russo Lajka vuol dire piccolo abbaiatore ma forse non si chiamava per davvero così) nel 1957 ha sofferto le pene dell’inferno una volta sparata nello spazio in una navicella fatta di fretta e non attrezzata per fornire supporto vitale.

Pare che la temperatura, all’interno della cabina, si sia alzata in breve in modo insopportabile. La fame e la sete sono stati problemi secondari. Ma questo è solo l’atto finale di un percorso disumano e spietato.

Questa piccola femmina di cane, ignara di tutto quel che gli capitava, insieme ad altri due cani, è stata sottoposta a mesi di addestramento insostenibile. Spazi angusti e alte pressioni dove doveva stare anche per 20 giorni consecutivi. Centrifughe violente. Esposta a forti carichi di accelerazione e test di resistenza per vedere se il suo corpo resisteva o si lacerava prima… insomma inutili e gratuite torture per la povera cagnetta alle quali probabilmente non riusciva a dare un senso. Ma si sa, i cani finiscono sempre per pensare che il loro padrone faccia la cosa giusta e quindi Laika avrà di sicuro elaborato che quel trattamento fosse la cosa che si meritava.

Il progetto “cani nello spazio” (non è il vero titolo) è stato inventato solo perché le navicelle per gli essere umani consenzienti non erano pronte per il quarantesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre e i russi decisero di costruire una nuova e più piccola navicella e metterci dentro un patriotico animale per festeggiare la ricorrenza col botto…

Si dice che prima del lancio uno degli scienziati, credo il dottor Vladimir Yazdovsky, abbia portato Laika a casa per farla giocare con i suoi figli. Scrisse: “Laika era tranquilla e affascinante… volevo fare qualcosa di carino per lei: le era rimasto così poco tempo da vivere.”

Col finire della guerra fredda sono state rivelate dagli scienziati russi un sacco di informazioni in più rispetto a questo caso che fin da allora veniva sbandierato come un successo mondiale. Sulla morte per esempio si dice che siano stati gli sbalzi di temperatura e che comunque l’impianto di ossigenazione fosse assolutamente inefficace. Si dichiara che la cagnolina sia vissuta al massimo 7 ore e Oleg Gazenko, medico e scienziato responsabile della missione, dichiara che tutta questa operazione di Laika fu un sacrificio inutile per le poche e inutilizzabili informazioni scientifiche ricavate.

Guardando questo video mi sono fermato a pensare alla nostra insensibilità verso la fragilità della vita. Ne muoiono tanti di cani, lo so, e alcuni anche in modi peggiori e tanti sono i bambini, i deboli, gli indifesi che stanno morendo ora per la conquista di un pezzettino di terra in più o per le rivendicazioni disumane di quelli che chiamiamo i grandi della terra… ma Laika qui, in questo video facile e forse leggero, mi ha fatto venire in mente che c’è una soluzione a tutto ed è a portata di mano: tutto si può curare con una semplice e sana dose di insensibilità e tutta la crudeltà umana della quale siamo depositari.

TRENTEMØLLER. NIELS GRÅBØL AND ULRIK CRONE. 2007.

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