A VOLTE MI SENTO COSÌ.
La testa come un pallone, la realtà complicata e conflittuale che mi si scioglie davanti agli occhi, mostri fuori e mostri dentro, spazi e stanze abitate che si riempiono di patine, liquidi immaginati e sfumature. È la stanchezza dico. È l’abuso di tempo, di vita, di concentrazione e di impegno, mi dico.
La realtà a volte, in certi precisi momenti, è più complicata e fragile. Angosce profonde o reazioni assurde. Panico, ansia da performance e stressss.
Non è un fatto di droghe o almeno solo di quelle che prendiamo per addormentarci la sera, svegliarci la mattina e produrre efficacemente per quanto il nostro capo voglia. No, è un fatto più profondo. È la capacità brutta e scomoda di dare una forma ai nostri sentimenti. Di dare colori e movimenti alle nostre sensazioni giornaliere. E se ci fai caso, se ti fermi un attimo a far salire il mostro dell’inquietudine, con la coda dell’occhio (la coda perché l’occhio è un animale), in trasluce lo vedi che è così: liquido, incontenibile, pieno di delirio e ostacoli e la forma del nostro corpo, la figura che abbiamo di noi dentro la nostra testa, non coincide con quella che portiamo fuori nel mondo.
Siamo mostruosi, delicati, instabili, bruti e meravigliosi. Facciamo finta sia tutto normale ma tutto non ha senso, non ha una vera forma.
Il brano Wet Summer scorre e canta con ritmo serrato, quasi uno stile dance allegro anche se contenuto. Fatto di atmosfere composte da un’ampia gamma di suoni sintetici pieni di editing e tecniche di produzione. Le immagini rispondono con soggetti irreali e onirici, spesso combinando elementi fantastici in scenari stravaganti e disorientanti, trasmettendo un senso di mistero e incongruenza: un sogno lucido che accede ad un livello più profondo e incontrollato della mente. Una piccola sfida alla logica, alla percezione del mondo così come lo sperimentiamo continuamente.
In una sorta di moderna e rinnovata arte psichedelica, morphing violenti ma rallentati si susseguono a deformare e astrarre la figura umana, la vita quotidiana, essere e esistenza.
Tutto è fluidificato, sospeso, tutto scorre. Tutto è inondato e immerso in un sintetico liquido amniotico
Non mi voglio in alcun modo porre il problema dell’intelligenza artificiale. Non voglio ragionare sul fatto cogente del momento del se sia arte o meno quella fatta scrivendo quattro righe di prompt e ricevendo l’equivalente della cappella sistina. Del resto, come è più abitudine, accetto e sospendo il mio giudizio sulla musica di questo brano, che produce suoni che in natura non esistono e che sono fatti solo combinando apparecchiature elettroniche e sofisticate o pianoforti sintetici preparati e molto lontani dai suoni prodotti direttamente dall’azione dell’uomo.
Il risultato finale, la profondità estetica ed emotiva scaturita dalle immagini supera l’incidente di chiedermi di come sono state prodotte. Qui, colori pastello, al momento molto comuni per i prodotti di IA (o AI), sono uno straordinario registro per reazioni calde e sentimenti profondi. Quelle trasformazioni sono figurate e profonde metafore di stati d’animo conosciuti e sofferti. L’immagine è immagine al di là di come è fatta e le sensazioni evocate dentro di noi sono potenti.
Pare che KAKSI, il duo artistico composto da Alam Ali and Anna Katrin Karlsson, per realizzare questo video abbia prodotti più di 2000 piccole sequenze con l’IA, poi trattate e rimontate per creare una completa composizione con un senso: a dimostrazione che comunque l’intelligenza non artificiale, per quanto limitata e poca, serve ancora.
MÖRMAID. KAKSI / ALAM ALI AND ANNA KATRIN KARLSSON. 2024