ORMAI È TROPPO TARDI.
Effetto nostalgia per questo pezzo dal sound monocorde, piuttosto statico e dall’attitudine pessimista che ci catapulta dritti negli anni ’90, tra Nirvana, Deftones, Alice in Chains e così via…
Siamo dalle parti di un plot da scena del crimine con tanto di aggressione mortale, che ruota attorno ai tentativi di soccorso di una coppia di passanti allarmati per l’accaduto all’interno della casa del misfatto che è stata appena svaligiata da due teppisti datisi poi a una fuga maldestra.
Nel soggiorno, ridotto a un caos di oggetti distrutti e dettagli inequivocabili, una visione sconvolgente, un ragazzo giace tramortito in una pozza di sangue con la testa fracassata da un vaso, dove rianimare la vittima e comunicare con un operatore del 911 sembra ormai inutile; intanto un senso di sconforto e avvilimento si fa sempre più pesante tra i due improvvisati soccorritori.
Nel video cupo, drammatico e cruento di Kevin Haus, le parole di “eaten by worms” rimbalzano al ralenti di bocca in bocca come un canovaccio prefissato: il cantante dei Nothing a cui è affidata la parte peggiore da interpretare, cioè la vittima di turno che declama una sommessa richiesta d’aiuto stretta tra i denti sanguinolenti, mentre gli altri due personaggi lì per caso, colti da un impulso benevolo, interagiscono scambiandosi frasi in modo distonico e quasi innaturali rispetto al panico in cui sono coinvolti.
Nel finale, il viso della vittima si fa sempre più congestionato e lo sguardo vitreo si proietta in un oltre metafisico, sparato in orbita verso un paradiso immaginario in cui ad attendere il ricordo di sé ragazzino c’è l’iconica presenza di Michael Jackson messa in risalto da un debole fascio di luce, pronta a dispensare ancora una volta e proprio per lui, quelle movenze e gesti ora scattosi ora fluidi che hanno reso immortali le coreografie delle sue performance.
NOTHING. KEVIN HAUS. 2016.
