LOST IN TRANSLATION.
Oggi parliamo del video dei Corridor, quartetto canadese che proviene da Montreal, e questo pezzo “Topographe” è il singolo di lancio del loro terzo disco “Junior”. E fra l’altro sono la prima band francofona a firmare con la sempre cara “Sub Pop”, vera e propria istituzione dell’underground americano da ormai quasi 40 anni di grandi produzioni.
Il video della traccia è a cura di Jonathan Robert, illustratore franco-canadese che ha creato video musicali usando un’animazione provocatoria. La produzione di Jonathan include stampe illustrative e design di copertine di dischi, ma quando anima le figure, la sua immaginazione inizia davvero a sconvolgere in maniera psichedelica e colma di una fantasia esorbitante. Questo video è stato accolto così bene dalla critica da arrivare ad essere nominato fra i 4 video dell’anno ai “Juno Award” del 2020.
Il video inizia con la vista frontale di un palazzo antico, con tanti piani e finestre con il tetto fitto di antenne e parabole per la comunicazione (e già questo potrebbe essere un indizio di ciò che avverrà), arriva un’auto da cui scende un essere incappucciato con una maschera bianca e un lungo naso, entra dalla porta principale e in mezzo ad arredamenti assurdi consegna un “messaggio cartaceo” ad un losco figuro dotato di passamontagna, il quale legge il messaggio, sobbalza e con passo pesante si avvia camminando per gradini e corridoi come fossimo in un vecchio gioco platform degli anni ’90 di cui però non possiamo guidare nessuno ma solo osservare il tutto.
Da qui in poi il messaggio verrà comunicato di essere in essere con i mezzi più stravaganti e traversando i piani del palazzo, qui Jonathan Robert da proprio totale sfogo alla sua “pazzesca fantasia” perchè in questo video si incontra di tutto, da esseri incappucciati con vecchie palandrane, uno Jeti, umanoidi incappucciati ma con un becco sporgente, macchinari che paiono obsoleti ma che riescono a trasformare il messaggio per la lettura del prossimo che lo riceverà, antichi ascensori, personaggi che sembrano scienziati pazzi (fuoriusciti dai Simpson) che muovono immense macchine alimentate a carbone che fanno volare in alto cestini con dentro altri messaggeri, momenti in cui da una finestra si intravedono sullo sfondo decine e decine di scale controluce che mostrano altrettanti messaggeri impegnati nel loro lavoro, via via sempre più in alto.
Passano corde con funivie con dentro messaggeri sempre più strambi, ponti tibetani sospesi, piattaforme con corde, e ancora decine e decine di messaggeri tutti concentrati, poi quello che all’apparenza è (forse) l’ultimo messaggero interno inserisce il foglio ad un maxi-computer con un bello stile anni ’50. Questo mentre elabora le informazioni esplode in un fumo rosa che riempie la visuale.
Ora il cambio è repentino tutto è diverso, e il passaggio si fa ancora più psichedelico e allucinato con il maxi computer fermo in alto mentre al centro due file di messaggeri ruotano in cerchio (come in una infinita danza) e ai lati stormi infiniti di messaggeri si muovono verso i lati dello schermo e guardando meglio si vedono grossi ingranaggi a forma di fiore che ruotano su stessi spruzzando la stessa polvere dell’esplosione precedente, altri messaggeri riempiono ogni parte dello sfondo creando un mondo a parte, ormai improponibile da descrivere a parole. Poi tutto sfuma in rosa nuovamente e si rivede il palazzo dall’esterno mentre la macchina vista all’inizio se ne va.
Il centro focale del video è la comunicazione, l’infinita catena di riproduzioni, di traduzioni, che portano poi infine la macchina raccoglitrice (spesso il nostro cervello) ad esplodere nella non comprensione di questo presente potentemente influenzato da una comunicazione forte e spesso figlia della post-verità, dove chi urla più forte ha ragione e non c’è più il tempo di approfondire temi che nel tempo si fanno sempre più complessi, multistrato e vorticosi.
CORRIDOR. JOHNATHAN ROBERT. 2019.