STUPID IN THE DARK / XIU XIU (AMIR SHOUCRI)

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DELITTO IMPERFETTO.

Che gli Xiu Xiu non fossero sinonimo di ordinarietà e delicatezza era cosa nota, così come si sapeva che i loro videoclip difficilmente mettessero a proprio agio gli spettatori.

Certo che il regista Amir Shoucri, occasionale collaboratore del gruppo, qui si spinge davvero al nocciolo del disturbante, concretizzando l’apoteosi di una furia omicida al di fuori di un qualunque contesto narrativo.

Non si conoscono né i chi, né i perché, né i quando: la ferina e cieca violenza della scena viene ripresa in tutta la sua crudezza ed essenzialità, acuendo il senso di inspiegabile follia, subitanea estraneazione, indomabile efferatezza di cui cade preda la protagonista.

A interpretare il ruolo è Angela Seo, qui accompagnata nel suo inesorabile viaggio verso l’orrore dalle inquietanti vocalità del collega Jamie Stewart, perfetto complemento canoro al ritmo ossessivo e palpitante del brano.

Banale quadretto domestico: un ragazzo seduto in soggiorno ride e chiacchiera serenamente al cellulare, intanto quella che si presume essere la sua partner se ne sta in cucina.

Ma la donna non sembra intenta a preparare una romantica cenetta: si guarda attorno con sguardo smarrito ma operoso, come se stesse architettando qualcosa mentre viene logorata da un pensiero opprimente, vago, un richiamo spaventosamente irresistibile al quale non ha la forza di opporsi.

Con aria stranita posa gli occhi su oggetti che qualcuno nel suo stato mentale non dovrebbe azzardarsi a sfiorare: un’accetta appesa alla parete, un coltellaccio in acciaio, una padella robusta.

La scritta “Evil” che brilla alle sue spalle come un lugubre presagio colora di un rosso da incubo la stanza.

Angela impugna la padella e si avvicina furtiva al giovane che sta ancora parlando al telefono. Lei è alle sue spalle; un piccolo segno bianco sulla nuca dell’ignara vittima risalta come il centro di un macabro bersaglio.

Un attimo di attesa, e la donna sfoga un’indefinibile rabbia contro il suo coinquilino, lo colpisce con quel pezzo di pentolame e l’altro stramazza a terra, confuso, sorpreso, coprendosi la ferita mentre il sangue comincia a sgorgare e i sensi lo abbandonano.

La carnefice fa cadere la padella e torna in cucina, pronta a cambiare arma: ora tocca al coltello. Ma no, non è ancora tempo di lavorare di lama: la sua preda è ancora viva, si sta trascinando sul pavimento, dipingendolo di fresca emoglobina, nel disperato tentativo di raggiungere il salvifico telefono. Tutto inutile: qualche altra spadellata, ed è di nuovo knockout.

L’omicida porta quel povero corpo nel bagno e cerca di finirlo affogandolo nella vasca. Imprevedibilmente il ragazzo riprende conoscenza, si divincola, lotta, riesce persino a liberarsi dalla sua assalitrice, si rialza e fugge.

Ma è troppo tardi: per quanto eccezionalmente resistente sia l’organismo umano, la gravità delle ferite ha presto la meglio. Dopo pochi passi, l’agonizzante crolla a terra; ormai non può più sottrarsi al suo tremendo destino.

Angela lo avvolge in un telo, preparandosi nervosamente a far sparire le tracce del suo crimine come ogni “brava” assassina psicotica. Pulire, lavare, celare…

Ma, incredibile dictu, il ragazzo respira! È infine giunto il momento dell’arma bianca per eccellenza: un po’ di pugnalate assestate con selvaggia foga, e ogni restante traccia di vita lascia quelle misere membra.

Fine del video.

Una parentesi assurda, un’espressione di crudeltà priva di significato, che spinge il pubblico a domandarsi che cosa abbia spinto questa giovane donna a un simile scempio. Perché deve esserci una causa, giusto? Una persona non può arrivare a tanto senza una valida ragione.

Magari lui la picchiava, o la tradiva, o aveva un conto in banca particolarmente allettante…

Ma sono solo teorie campate per aria: ipotizzare un movente ci rassicura, ci aiuta a razionalizzare, a capire, ci offre il conforto di un chiarimento logico e accessibile.

Che un raptus improvviso e immotivato possa spingere un membro della nostra famiglia, o addirittura noi stessi, a compiere un gesto tanto atroce, è una di quelle idee che ti tardano il sonno.

Eppure, sotto sotto, si fa viva l’angosciante consapevolezza che una vera ragione potrebbe anche non esistere, e che, come diceva il buon Anthony Perkins in Psyco, “a volte diventiamo tutti un po’ matti”.

XIU XIU. AMIR SHOUCRI. 2014.

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